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Che cos’è una città, un insieme di pietre o di persone? E se è fatta di persone, qual è il modo migliore di farla sviluppare, crescere?
Partendo dalla convinzione che le comunità siano fatte di esseri umani più che di cose, Antonio Alberto Semi propone sul Corriere del Veneto una riflessione sullo sviluppo turistico di un caso esemplare: quello di Venezia.
“Il turismo non sia decrescita” avverte Semi, secondo il quale una città “si sviluppa solo se offre possibilità diversificate ai propri cittadini, che sono portatori di desideri diversi, e se trasmette l’idea che abbia un senso starci e partecipare”. In caso contrario, decade e viene abbandonata, cessando di esistere come città.
“Da questo punto di vista, guardiamo Venezia come un caso tipico, esemplare: che senso ha starci?” chiede il giornalista, interpretando i dubbi di tanti cittadini che, dal 1950 a oggi, hanno portato la Serenissima a calare da 200.000 ad appena 57.000 abitanti. Un “disastro”, secondo Semi, che diventa ancora più inquietante quando si esaminano i dati. Scoprendo che sono soprattutto i giovani ad andarsene altrove, e che la risposta a questo disastro non è nel turismo, considerato “l’unica strada (per giunta facile) per guadagnare” e quindi un elemento “devastante”. Perché “chi aveva altre prospettive che se le cavasse di testa o andasse altrove”, e perché la “prospettiva di decrescita culturale della popolazione attiva”, quando anche le attività turistiche passeranno in mano di non veneziani, rischia di lasciare disponibili solo posti di lavoro “subalterni”. Che non fanno crescere la città, se per città si intende un insieme di persone e non di pietre.
Prendiamola alla larga, la questione del turismo e vediamola nella prospettiva delle città. Che cos’è una città? Un insieme di pietre e oggetti magari meravigliosi o una comunità umana? Credo non ci possano essere dubbi al proposito: se non ci sono i cittadini non c’è città, c’è solo un insieme di cose. E una città è articolata, complicata, diversificata. Si sviluppa solo se tiene conto della sua realtà e delle sfide della sua contemporaneità. Si sviluppa solo se offre possibilità diversificate ai propri cittadini, che sono portatori di desideri diversi, e se trasmette l’idea che abbia un senso starci e partecipare. Altrimenti decade e viene abbandonata.
(Continua a leggere sul Corriere del Veneto)
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