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È il giorno del giudizio, e pare quanto mai negativo il giudizio sull’aumento dell’Iva al 22% da parte di chi lavora nel turismo. Il coro sembra unanime, e di condanna, per l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto scattato il 1° ottobre.
L’aumento dell’Iva, infatti, colpisce in più punti e in più forme il turismo italiano, già provato da anni di crisi e recessione sul mercato internazionale: con l’Iva al 22% aumenteranno i carburanti, le bevande, i capi d’abbigliamento, i servizi telefonici, oltre – più direttamente – ai viaggi.
“È l’ennesima pessima notizia per il turismo. Gli operatori dell’intermediazione turistica non potranno che aumentare i prezzi dei pacchetti, a meno di non rinunciare alla loro marginalità, ipotesi complicata soprattutto alla luce della crisi economica e della già avvenuta riduzione dei margini di profitto” ha dichiarato Fortunato Giovannoni, presidente di Fiavet - Federazione Italiana Associazioni Imprese Viaggi e Turismo, per il quale questo aumento farà calare ancora la competitività turistica internazionale dell’Italia.
Da Federturismo arriva sulla stessa lunghezza d’onda del presidente Renzo Iorio: “Uno dei primi problemi delle imprese italiane è quello di essere schiacciate da una pressione fiscale ormai insostenibile”. E in effetti la Cgia di Mestre ha indicato come l’Iva al 22% ponga l’Italia in cima alla non invidiabile classifica dell’imposta più alta, con Belgio e Olanda ferme al 21%, l’Austria al 20%, la Francia al 19,6% e la Germania al 19%. Secondo Confcommercio, inoltre, questa novità costerà cara ai consumatori: è tra i 207 e i 349 euro l’anno l’aumento stimato delle spese.
“Si tratta di un aumento che penalizza il consumatore ed in questo momento il percepito accrescerà sicuramente prudenza e oculatezza sulla spesa anche da parte dei turisti”: anche Confindustria Turismo è fermamente contraria all’aumento, come traspare dalle parole della presidentessa Silvia Nicolis.
E anche dai territori le proteste sembrano unanimi. Da La Spezia, per esempio, giunge il grido d’allarme di Michele Menoni e Domenico Pautasso, presidente e direttore della Coldiretti provinciale, che in un comunicato affermano: “L’agroalimentare spezzino è penalizzato dall’aumento dell’Iva, che incide tanto e più in un territorio, come il nostro, dove il settore primario si lega a doppio filo con il turismo. A tavola l’innalzamento dell’aliquota andrà a penalizzare gli ottimi vini del nostro territorio, dal Vermentino allo Sciacchetrà, ma anche le bevande gassate, la birra, i succhi di frutta, fino all’acqua minerale”.
Dal Veneto arriva invece la condanna di Marco Michielli, presidente della Confturismo regionale, che può contare 17.000 imprese associate ma anche su una stagione che chiude con un altro segno negativo in termini di guadagni e fatturati: “Con un tempismo impeccabile, il Governo ha sferrato il colpo di grazia al turismo. L'aumento dell'Iva a partire da giugno manderà infatti in tilt tutti i sistemi gestionali delle imprese, obbligandole a repentine modifiche contabili in piena stagione con conseguenti, ulteriori, costi e con un immaginabile dispendio di tempo. Sommata alla tassa di soggiorno, diventerà un deterrente all'arrivo dei turisti. Che potrebbero vedersi applicare un'imposta al 10% nei primi 3 giorni e all'11% nei successivi tre di soggiorno. Avessero avuto l'accortezza di non farlo partire a stagione in corso, questo aumento, ma auspicabilmente almeno a partire dal mese di ottobre…” è l’amara conclusione di Michielli.
Oltre a tante lamentele per questo aumento dell’Iva al 22%, c’è anche chi propone una protesta simbolica. È il caso di Giuseppe Sarnella, imprenditore nel settore turistico e presidente di Confapi Turismo Lazio, che ha lanciato una provocazione rivolta agli albergatori: “Ho chiesto a tutti gli albergatori d’Italia di cambiare, per un giorno, la numerazione delle stanze dei loro alberghi con il solo numero 22, un gesto simbolico per protestare nei confronti dell’aumento dell’Iva che rappresenterà un ulteriore aggravio ad una economia già malata”.
“In questa fase di instabilità economica – continua la nota diffusa da Confapi – il nostro paese aveva bisogno di tutto, ma non di un ulteriore aumento dell’Iva che comporterà un drastico ridimensionamento della capacità di spesa per le famiglie e le imprese”. Soprattutto alla luce del fatto che, spiega ancora Confapi, “nel solo comparto turistico, è stato provato attraverso studi universitari, che la riduzione di alcuni punti dell’aliquota dell’iva produrrebbe automaticamente circa 100 mila posti di lavoro”.
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