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L’assessore Vettese propone la limitazione degli ingressi dei turisti in Laguna per preservare l’equilibrio della città. Ma non mancano le resistenze di fronte a un’idea definita “sgradevole”
Mordi e fuggi sì, mordi e fuggi no. Numero chiuso sì, numero chiuso no. Turismo sì, turismo no. A Venezia i dubbi amletici sul futuro sono una tradizione secolare, ma negli ultimi giorni il dibattito sembra essersi spostato dal “solito” discorso sull’acqua alta e le sue minacce a uno scambio di opinioni molto concreto, quotidiano e forse non più rimandabile.
È il caso di istituire un numero chiuso per limitare l’accesso di massa dei turisti all’incantevole ma fragile Laguna di Venezia? Pare esserne convinta Angela Vettese, assessore comunale alle Attività culturali e Sviluppo del Turismo, che chiede l’introduzione di un meccanismo che faccia diminuire il flusso turistico nel centro storico di quella che non sembra più “Serenissima”. Anche il presidente dell’Autorità portuale, Paolo Costa, aveva espresso la sua opinione a favore del numero chiuso, così come il patriarca Francesco Moraglia.
“Venezia è schiava di un ‘700 decadente, di una immagine di cartolina, fuori dal tempo – ha affermato l’assessore Vettese – È schiava di un turismo soffocante, che aumenterà sempre più. Dobbiamo attrezzarci perché si disperda per tutta la città e non vada solo nell’asse Rialto-Accademia-San Marco. Il turismo va diminuito, è qualcosa di sgradevole da dire, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà e limitarlo”. L’assessore ha quindi proposto una limitazione degli ingressi dei visitatori, come ha annunciato all’assemblea generale annuale dell’associazione dei Comitati privati internazionali per la Salvaguardia di Venezia, a Palazzo Zorzi.
A chi sostiene che la città sia un’entità ormai morta, Vettese replica con chiarezza: “Venezia è viva, la sua bellezza è il risultato di numerose stratificazioni, delle testimonianze del tempo, dalla sua nascita ai giorni d’oggi. L’idea che muoia è falsa, è più vitale di 20 anni fa: si è enormemente espansa la città artistica, ha studenti, studiosi, e grazie ai privati ha avuto un’esplosione di buona volontà, in risposta alla carenza di buona volontà dello Stato, che ha consentito grandi restauri. Il turismo è l’unica vera industria che la città ha saputo mantenere, Venezia è la città più desiderata del mondo e per questo dobbiamo chiedere all’Unione Europea una maggiore considerazione perché ci aiuti dove lo Stato italiano non può aiutare perché economicamente debole”.
Ecco quindi l’idea del numero chiuso, per impedire che il turismo “mordi e fuggi” che riempie le calli e i canali della laguna sia sì una forma di ricchezza, ma a lungo termine anche l’origine di problemi per il delicato equilibrio veneziano (basti pensare che dal 1968 ad oggi sono stati effettuati 727 restauri e quest’anno ne sono partiti 25, di cui la metà in collaborazione con l’Unesco).
Il numero chiuso tuttavia non mette tutti d’accordo. La proposta dell’assessore ha finora incontrato diverse resistenze in giunta comunale, tra cui quelle del sindaco Orsoni e del vice Simionato. L’idea di diminuire un flusso generatore di ricchezza è in effetti dura da digerire, ma sicuramente meno del rischio di compromettere per sempre la fragilità di quella che è la meta più ambita dei turisti di tutto il mondo.
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