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I turisti fuori dai cancelli di Pompei e di musei e siti sparsi per l’Italia attendono il proprio turno, mentre gli italiani si avvitano in un dibattito che non lascia ben sperare per il futuro

 

“Facile dire: scommettiamo sulla cultura e sul turismo come leve di rilancio. Difficile ottenere i mezzi” se a esprimersi così è niente meno che il ministro della Cultura e del Turismo, Massimo Bray, viene da dire che ci aspettano tempi critici.

Arrivano segnali incoraggianti dalla politica per il settore del turismo. Segnali che dovranno diventare atti concreti

La settimana si chiude bene per il turismo italiano. Almeno a livello di annunci. Ieri il premier Enrico Letta, parlando con la stampa estera, ha sottolineato: “Penso che il nostro Paese debba puntare moltissimo sul binomio Cultura e Turismo, con il ministro Bray presenteremo a breve le linee guida di quanto il governo intende fare in questa materia”.

D’accordo, questo Paese ha problemi più urgenti. Poiché ne avrà sempre, mentre si occupa di quelli, converrebbe affrontare anche questo: la bellezza può davvero salvare il turismo nostrano?

La Biennale Arti Visive di Venezia con la nuova edizione, il Palazzo Enciclopedico curata da Massimiliano Gioni, porta alla città il tutto esaurito, come dichiara il direttore dell’Associazione Veneziana Albergatori, Claudio Scarpa, sulla base delle prenotazioni acquisite.

Come ogni anno, i mezzi di comunicazione danno l’allarme: un italiano su due non andrà in vacanza. E se invece di preoccuparci provassimo a impegnarci per migliorare le cose?

 

“In vacanza solo un italiano su due”: è questa la notizia più allarmante e allarmata degli ultimi giorni. Una notizia, basata su un sondaggio di Confesercenti e Swg, che ha avuto spazio su tutti i giornali, sui blog, sui profili facebook e twitter di mezza Italia (chissà se la mezza Italia che andrà in vacanza o l’altra): 25 milioni 700 mila connazionali in vacanza, gli altri a casa per colpa della crisi.

L’articolo di Alberto Crepaldi sul Fatto Quotidiano di lunedì 20 maggio riassume le perplessità percepite dalla maggioranza degli operatori del settore.

Ovviamente i dubbi non riguardano le persone o le etichette (come abbiamo evidenziato in una nostra inchiesta, la mancanza di ministeri specifici per il turismo in tutta Europa non impedisce ad altri Paesi di lavorare molto e bene per questo comparto), quanto la logica che vi sta dietro.

Come il barbiere di Siviglia, il ministro risponde “son qua” a chi gli si rivolge sui social network. Ma riuscirà a trasferire idee e suggerimenti dai tweet ai consigli dei ministri?

Il ministro twitta per avere idee e suggerimenti, e gli piovono addosso decine e decine di risposte: ministro devi fare questo, ministro devi fare quello. E lui, novello Figaro rossiniano, risponde: son qua.

Mentre siamo in attesa di avere i primi segnali di come vorrà muoversi il nuovo ministro della Cultura e del Turismo, vogliamo proporre una riflessione basata su una semplice ricerca da noi effettuata, una sorta di benchmarking sulla situazione istituzionale dei Paesi europei per capire in che modo i governi del Vecchio Continente strutturano la propria attività legata al turismo e al marketing territoriale.

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