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Come ogni anno, i mezzi di comunicazione danno l’allarme: un italiano su due non andrà in vacanza. E se invece di preoccuparci provassimo a impegnarci per migliorare le cose?

 

“In vacanza solo un italiano su due”: è questa la notizia più allarmante e allarmata degli ultimi giorni. Una notizia, basata su un sondaggio di Confesercenti e Swg, che ha avuto spazio su tutti i giornali, sui blog, sui profili facebook e twitter di mezza Italia (chissà se la mezza Italia che andrà in vacanza o l’altra): 25 milioni 700 mila connazionali in vacanza, gli altri a casa per colpa della crisi.

mktgIn vacanza un italiano su due”: ma dove abbiamo già letto questa notizia? Ah, già: su quegli stessi giornali, blog, profili social... negli anni scorsi. “In vacanza solo un italiano su due” titolava il 24 giugno 2012, per esempio, il Sole 24 ORE. “Turismo, allarme Federalberghi: Solo un italiano su due in ferie” titolava invece Repubblica il 28 maggio 2003, ben dieci anni fa, quando la crisi economica era un’altra.

Dieci anni (ma forse anche di più) che metà degli abitanti del Bel Paese è costretta a rinunciare alle ferie. E dieci anni che l’allarme si ripete, con le proteste e le preoccupazioni di tutti, compresi coloro che operano nel turismo e nel marketing territoriale. Ma qualcuno ha mai pensato a quella metà Italia che, nonostante una crisi che pare eterna, in vacanza ancora ci va? Qualcuno ha mai provato a vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto? Se non per ottimismo, almeno per provare a far sì che l’anno prossimo, o tra due, i giornali possano titolare “In vacanza due italiani su tre”?

Sembrerebbe di no. Eppure converrebbe a tutti: a chi in vacanza ci va già (o ancora), a chi oggi e da anni è costretto a rinunciarvi, e quindi a tutti, di nuovo compresi gli operatori del settore.

Intendiamoci: il fatto che decine di milioni di connazionali debbano rinunciare alle vacanze non può essere trascurato, o commentato con un’alzata di spalle indifferente, assolutamente. Però, forse, sarebbe più proficuo lavorare per consentire a sempre più italiani di godersi le ferie. Come? Curando quei 25 milioni e 700 mila che oggi se lo possono permettere, e adoperandosi affinché il loro numero cresca sempre di più.

Bisogna fare in modo che le vacanze di chi ancora ce la fa non siano trascorse mangiando un panino portato da casa alla spiaggia (o alla montagna, o al lago, o alla città d’arte...) più vicina, in sostanza. È necessario lavorare perché chi si sposta per turismo faccia davvero il turista e non il pendolare da vacanza. Tutti, dagli albergatori e ai ristoratori per arrivare su fino alle istituzioni governative, dovrebbero impegnarsi, investire nel proprio lavoro per un futuro più roseo. Se si convince un turista a mangiare in un ristorante, a visitare un museo, in pratica a spendere dei soldi nei territori scelti per le ferie, si può innescare un meccanismo virtuoso che consenta di far girare davvero l’economia, il cui rischio stagnazione è sempre più forte.

Ma per convincere i viaggiatori non bastano le parole, ci vogliono i fatti. Ci vuole una migliore gestione dell’accoglienza nelle strutture ricettive e ristorative; ci vuole una più efficiente organizzazione delle strutture pubbliche, dai musei ai punti informativi alle infrastrutture per i trasporti (passando per le ambasciate e i consolati, perché non possiamo certo dimenticare i turisti stranieri); ci vuole uno sforzo da parte degli operatori per venire incontro alle esigenze di chi oggi non può permettersi le ferie, destagionalizzando e creando offerte ad hoc alla portata di più persone possibile; ci vuole al contempo lo sforzo delle istituzioni perché mettano in condizione gli operatori di potere offrire vacanze “low cost” con provvedimenti finalizzati ad abbassare le tasse sul turismo e favorire una maggiore presenza nelle località;ci vuole, in pratica, un maggiore impegno da parte di tutti affinché i turisti in Italia si sentano amati e protetti e non sottoposti a inefficienze e soprusi.

Iniziamo a lavorare bene con il bicchiere mezzo pieno: se lo facciamo, potremmo persino ritrovarci a brindare tutti insieme, con il bicchiere colmo. Ovviamente di prodotti di made in Italy.

 

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