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Una profonda e innovativa operazione di marketing culturale studiata nei minimi dettagli, quella del British Museum di Londra, che con la Mostra “Life and death Pompeii and Herculaneum” mette in scena Pompei e l’Antica Roma ricostruendo i suoi spazi abitativi e facendo rivivere i suoi protagonisti in una dimensione attuale. Un progetto imponente e vincente, che sta richiamando molti più visitatori del previsto e sta già facendo registrare il “sold out” per i prossimi mesi, e dal quale il sistema di promozione turistico-culturale italiano dovrebbe prendere spunto.
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Note dolenti. La classifica annuale di visitatori nei musei del mondo, redatta dal Giornale dell’Arte & The Art Newspaper, fa registrare un calo generalizzato di tutti i musei italiani, delle antichità e del contemporaneo. Per dirla alla Sgarbi: “La Repubblica italiana non è fondata come dovrebbe essere sulla bellezza, che ne è la prima incontrastabile caratteristica, ma sul lavoro. Faticherei ad obiettare, perché il lavoro è la condizione prima della libertà”. Allora di chi è la colpa? Per Sgarbi, è facile trovare il capro espiatorio nel sentimento di assuefazione alla bellezza del nostro territorio da parte di chi lo abita. Noi italiani e i nostri politici.
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Meglio una minestra oggi o mille minestre domani? Messa giù così, è difficile schierarsi dalla parte dell’oggi, anche se un vecchio adagio insegna che l’uovo odierno è da preferire alla gallina futura. Ma se fossimo certi che l’attesa, il sacrificio temporaneo, generasse un adeguato (e meritato) ritorno economico, sarebbe da ingenui, e forse da sprovveduti, rinnegare un investimento prediligendo un risultato immediato ma di scarsa durata.
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Valorizzare il territorio nell’era digitale significa, innanzitutto, essere consapevoli della necessità di integrare le tradizionali strategie di comunicazione con la rete Internet e con le numerose possibilità di consultazione che essa offre.
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Farà fatica a caricare tutti i villeggianti nella sua Fiat Tipo il commissario Montalbano venuto fuori dalla penna di Camilleri, divenuto ormai un'istituzione territoriale.
Un fenomeno televisivo, nato nel 1999, che continua a macinare consensi, basti pensare che “Il gioco degli specchi” andato in onda il 22 aprile ha toccato il record “personale” di ascolti, sfiorando i 10 milioni di spettatori con il 35,17% di share.
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La sentenza di condanna è già stata emessa. Inappellabile, e soprattutto personale: Massimo Bray è inadatto (“unfit”, direbbe forse The Economist riprendendo un titolo di qualche anno fa) a svolgere il ruolo di ministro dei Beni Culturali e del Turismo.
Non va bene, non ha le competenze ed è la persona sbagliata nel posto sbagliato, dicono molti commentatori, compreso un insolitamente tranchant Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera.
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Il primo fu Zaia, ma adesso la tempesta si allarga. Nell'occhio del ciclone, i meteorologi: la loro fallibilità - prima oggetto di sottili prese in giro al colonnello Bernacca o a chi faceva i tamburini meteo sui quotidiani considerati alla stregua degli oroscopi - è proverbiale, ma mai come in quest'ultimo periodo è oggetto di lamentele, critiche e accuse.