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Intervista al prof. Filippo Grasso, recentemente nominato consulente al turismo dall'UNPLI, sul ruolo e il futuro delle Pro Loco

Filippo GrassoEsperto di turismo. Professore di Analisi di Mercato nel corso di laurea di Scienze del Turismo Università di Messina. Si occupa, nell'ambito degli studi scientifici, di problematiche relative alle politiche turistiche territoriali. Delegato del Rettore dell'Ateneo di Messina per "le iniziative scientifiche nel settore del turismo". Consulente al Turismo presso il competente Assessorato della Regione Siciliana. Esperto scientifico presso il Miur. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. È responsabile scientifico dei seminari universitari di formazione e aggiornamento per operatori turistici e cultori di discipline turistiche e relatore invitato in diversi convegni e incontri sulle tematiche relative alla governance dei sistemi turistici locali. Autore del libro "Turismo: governare il territorio, gestire le risorse, promuovere la destinazione" (Maurfix Editore, 2018).

Lei è da poco stato nominato Consulente al turismo delle Pro Loco d’Italia dall’UNPLI nazionale. Quale apporto vuole dare attraverso la sua consulenza?

Sì, da poco sono stato nominato consulente nazionale delle Pro Loco per il turismo, di questo sono fiero perché da molti anni seguo le Pro Loco siciliane in particolare e le Pro Loco italiane in generale. Sono delle realtà che vanno potenziate, aiutate e sostenute. Il mio apporto alla loro attività sarà essere un silenzioso osservatore, ma soprattutto una persona che vuole condividere con loro le esperienze dell’accoglienza dei viaggiatori, nei borghi, nelle città, nei luoghi in cui lavorano.

Le Pro Loco (in special modo per i piccoli Comuni) sono un riferimento fondamentale per la valorizzazione e la promozione dei territori. Quali sono secondo lei i valori che animano queste realtà?

Le Pro Loco sono nei piccoli borghi e nei piccoli Comuni delle realtà molto importanti. Innanzitutto sono il collante tra il territorio e l’amministrazione comunale, ma non solo. Sono l’anima vivente di una comunità che accoglie e nello stesso tempo si tratta di volontari che aiutano e accompagnano i viaggiatori nella visita al borgo. L’identità di un piccolo Comune, l’identità di un borgo, l’identità territoriale di più Comuni sono valorizzate dalle Pro Loco nella misura in cui hanno la piena consapevolezza del ruolo che esse svolgono nel territorio. Un ruolo insostituibile e inimitabile. Le Pro Loco sono luoghi di accoglienza ma sono anche spazio fisico della narrazione del luogo e della sua identità. Il primo ufficio su cui i viaggiatori si orientano per chiedere informazioni, per chiedere notizie, per chiedere soprattutto consigli. Le Pro Loco rientrano nella logica dei servizi ai turisti, è quindi impensabile che i piccoli Comuni non valorizzino e potenzino il loro ruolo anche attraverso piccoli fondi e alcuni progetti importanti. Le Pro Loco possono essere nel contempo anche luoghi dove il viaggiatore incontra la comunità ospitante, è anche questo il senso del turismo esperienziale. Le Pro Loco sono promotrici di turismo esperienziale in maniera chiara ed esplicita.

Le Pro Loco sono formate da volontari, spesso senza competenze specifiche in materia turistica, e tuttavia grazie al loro contributo vengono realizzati progetti importanti. Pensa ci sia modo di portare avanti una sorta di formazione “learn by doing” di questi volontari, con mutuo vantaggio per loro e per le Pro Loco?

I soci volontari delle Pro Loco hanno bisogno di essere formati, ma la formazione deve essere continua, permanente ma soprattutto professionalizzante per il settore nel quale operano. Devono essere professionisti del settore. Noi ci aspettiamo che a livello nazionale ci sia una formula giuridica che consenta alle Pro Loco di essere veramente dei luoghi di accoglienza, di incontro, di narrazione ma devono essere soprattutto dei luoghi dove le competenze vengano percepite davvero come professionalità. La formazione dei soci volontari delle Pro Loco è un vantaggio per la comunità locale, per se stessi, per il territorio, per la brand reputation. Se il viaggiatore viene accolto, se il viaggiatore si trova bene nella vita di una comunità, ritornerà e sarà anche disposto a spendere di più. Per questi motivi le Pro Loco devono essere maestre dell’accoglienza.

La sua provenienza dal mondo accademico può essere un input per sensibilizzare le Pro Loco all’importanza delle competenze e magari avvicinare i giovani universitari a queste preziose realtà?

Da anni sono impegnato nello studio delle professionalità turistiche, degli operatori della filiera turistica. Le Pro Loco sono il primo tassello importante nei territori, sia perché sono formate da giovani ma anche da meno giovani, sia perché sono un anello di congiunzione tra il territorio e il viaggiatore, tra la comunità che ospita e il viaggiatore che chiede ospitalità. Un’ospitalità che non si ferma solo al dormire, ma che porta a condividere con la comunità del luogo l’esperienza quotidiana. La visita ai musei, alle chiese, alle realtà identitarie dei territori e dei piccoli Comuni, sono una preziosa realtà. Io che provengo dal mondo accademico posso essere certo da input per i ragazzi che studiano con me al corso di laurea in Scienze del Turismo, insegno una materia che si chiama “Analisi di mercato” cioè l’azione propedeutica al marketing. Ciò che dico ai miei ragazzi è che la Pro Loco è il primo servizio che deve essere reso dalla comunità ai viaggiatori. È soprattutto il biglietto di accoglienza di una comunità verso i turisti, verso i viaggiatori. È quel biglietto di accoglienza che una volta accolto il viaggiatore, fa un bene prezioso della sua esperienza e della sua testimonianza, quando ritorna alla sua città di provenienza.

Lei è messinese. Qual è la sfida più grande che i territori del Sud devono affrontare per poter emergere turisticamente nel mercato?

I territori devono essere preparati e competenti, il turismo non si improvvisa, non è né una strada né un’attività facile. Il turismo è soprattutto competenza, serietà e professionalità. Per fare questo lavoro bisogna avere tempo, pazienza e passione per studiare il territorio. È necessario avere una spiccata tendenza a lavorare nel turismo, perché il turismo non tratta merci, i turisti non sono polli da spennare. Il turismo è fatto da persone per le persone, ha componenti non solo sociali ed economiche ma possiede la componente principalmente umana. Basti pensare a tutte le declinazioni e i temi turistici: il turismo religioso, enogastronomico, esperienziale, i cammini, i trekking, la mobilità dolce e sostenibile, il turismo scolastico giovanile, il turismo degli anziani, il turismo delle famiglie con bambini, il turismo del lusso, del benessere, del fitness. Sono tutte forme di turismo in cui si tratta di persone. Sono le persone che scelgono e motivano il loro viaggio, non sono solo i territori. Il territorio li accoglie e li ospita, li accompagna nel loro cammino quotidiano all’interno delle comunità ospitanti. Sono i turisti che scelgono di andare in quella determinata destinazione e proprio perché si tratta di persone, il turismo deve essere fatto da persone che veramente amano il territorio e che davvero vogliono stare nel territorio, non si deve vivere soltanto di mercanzia cioè creando quelle piccole lobby che permettono al territorio di perdere la sua identità. Noi siamo per un turismo più umano, più personale, cioè la relazione, l’emozione, l’esperienza tra la comunità e il viaggiatore. In tutto questo, noi speriamo che i mercati internazionali riescano in qualche modo a essere meno aggressivi nella competizione tra destinazioni turistiche.
 

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