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L’articolo di Alberto Crepaldi sul Fatto Quotidiano di lunedì 20 maggio riassume le perplessità percepite dalla maggioranza degli operatori del settore.
Ovviamente i dubbi non riguardano le persone o le etichette (come abbiamo evidenziato in una nostra inchiesta, la mancanza di ministeri specifici per il turismo in tutta Europa non impedisce ad altri Paesi di lavorare molto e bene per questo comparto), quanto la logica che vi sta dietro.
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Mentre siamo in attesa di avere i primi segnali di come vorrà muoversi il nuovo ministro della Cultura e del Turismo, vogliamo proporre una riflessione basata su una semplice ricerca da noi effettuata, una sorta di benchmarking sulla situazione istituzionale dei Paesi europei per capire in che modo i governi del Vecchio Continente strutturano la propria attività legata al turismo e al marketing territoriale.
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Una profonda e innovativa operazione di marketing culturale studiata nei minimi dettagli, quella del British Museum di Londra, che con la Mostra “Life and death Pompeii and Herculaneum” mette in scena Pompei e l’Antica Roma ricostruendo i suoi spazi abitativi e facendo rivivere i suoi protagonisti in una dimensione attuale. Un progetto imponente e vincente, che sta richiamando molti più visitatori del previsto e sta già facendo registrare il “sold out” per i prossimi mesi, e dal quale il sistema di promozione turistico-culturale italiano dovrebbe prendere spunto.
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Note dolenti. La classifica annuale di visitatori nei musei del mondo, redatta dal Giornale dell’Arte & The Art Newspaper, fa registrare un calo generalizzato di tutti i musei italiani, delle antichità e del contemporaneo. Per dirla alla Sgarbi: “La Repubblica italiana non è fondata come dovrebbe essere sulla bellezza, che ne è la prima incontrastabile caratteristica, ma sul lavoro. Faticherei ad obiettare, perché il lavoro è la condizione prima della libertà”. Allora di chi è la colpa? Per Sgarbi, è facile trovare il capro espiatorio nel sentimento di assuefazione alla bellezza del nostro territorio da parte di chi lo abita. Noi italiani e i nostri politici.
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Valorizzare il territorio nell’era digitale significa, innanzitutto, essere consapevoli della necessità di integrare le tradizionali strategie di comunicazione con la rete Internet e con le numerose possibilità di consultazione che essa offre.