Uno studio di Ciset Ca’ Foscari affronta il cosiddetto turismo delle origini, i viaggi degli emigranti e dei discendenti per conoscere la terra delle radici. Un comparto in crescita e un grande potenziale per l’Italia, ancora indietro rispetto a Paesi come Scozia e Irlanda
Questa estate 2015 appena trascorsa è stata segnata dal drammatico fenomeno di migrazione verso l’Europa. Un fenomeno che, tra le altre cose, ci ha ricordato che l’Italia è stata (e in parte continua a essere) un Paese di emigranti, di persone che sono andate all’estero a cercare fortuna o semplicemente un lavoro. E persone che tendono a tornare nella terra delle radici ogni volta che è possibile.
Il Ciset, centro studi sul turismo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha dedicato la sua ultima ricerca a un comparto in crescita, anche per l’Italia, dei flussi migratori del ‘900: è il cosiddetto “Turismo delle origini”, il “ritorno a casa” (anche se solo in vacanza) delle seconde e terze generazioni, che diventa una nicchia turistica e racconta, scrivono dal Ciset, di quando “gli emigranti eravamo noi”.
“In principio è stato un movimento spontaneo, l’istinto insopprimibile di tornare ‘a casa’ – anche se solo per una breve vacanza – per gli emigranti o di visitare la ‘patria mai conosciuta’ per le seconde e terze generazioni” si legge nello studio, che cita esempi glamour da Lady Gaga a Madonna passando per Bill De Blasio e Francis Ford Coppola. “Ormai, però, il turismo delle origini è diventato qualcosa di più”.
“Il turismo delle origini o di ritorno identifica quel turismo generato dai migranti e dai loro discendenti che si recano in vacanza nel paese di origine spesso dopo esserne stati lontano per lungo tempo. Il viaggio e il relativo soggiorno nella terra natale costituiscono un’esperienza ad alto contenuto emotivo, dato che rappresentano l’occasione per rivedere i propri cari e soprattutto ritrovare i luoghi che hanno segnato la propria vita prima di partire; oppure, nel caso dei discendenti, soprattutto di coloro che hanno perso in parte i legami con la terra di origine, il viaggio è strumentale alla ricerca delle proprie radici e della scoperta dei luoghi in cui hanno vissuto i propri avi” hanno spiegato i ricercatori Ciset, Erica Mingotto e Damiano De Marchi.
Ancora agli albori in Italia, se non in forme del tutto spontanee, il turismo delle origini è già fortemente sviluppato in diversi Paesi del mondo, interessati nel corso dei secoli a forti ondate migratorie. È il caso ad esempio della Scozia o dell’Irlanda, in cui si sono affermati già a partire dagli anni ’70/’80 tour operator e agenzie di viaggio specializzate che hanno fatto del turismo delle origini la loro idea di business, proponendo pacchetti che includono la ricerca d’archivio di informazioni e di documenti sulla famiglia nel paese di origine, la costruzione dell’albero genealogico, l’organizzazione del viaggio e del soggiorno in loco con la visita ai principali luoghi che hanno caratterizzato la storia degli antenati.
Enti ufficiali del turismo come FailteIreland e VisitScotland da tempo promuovono il turismo delle origini attraverso itinerari ed eventi dedicati, indicazioni sui principali archivi e centri in cui reperire documenti, per attrarre i discendenti, spesso provenienti tra l’altro da mercati strategici come gli USA. VisitScotland, ad esempio, stima che dei 50 milioni nel mondo di persone con origini scozzesi, il 20% sia interessato a scoprire le proprie radici e circa il 10% sia fortemente motivato tanto da pianificare un viaggio. Circa 215.000 turisti all’anno si recano in Scozia con motivazioni legate al turismo delle origini; si tratta di non più del 2% di tutti i turisti nel paese, ma caratterizzati da una permanenza media piuttosto elevata (dagli 8 ai 16 giorni), oltre che da una buona disponibilità di spesa.
Al pari della Scozia, la vicina Irlanda ha promosso nel 2013 il “The Gathering”, iniziativa che ha raccolto nell’intero anno più di 5.000 eventi in tutta la nazione organizzati da associazioni, città o addirittura famiglie, con l’obiettivo di attirare nel paese di origine i circa 80 milioni di persone nel mondo con origini irlandesi. L’evento, finanziato con 12 milioni di euro e pensato anche in chiave di superare lo stallo del turismo iniziato nel 2007 con la crisi economica, ha superato le attese, generando una crescita del +7,3% degli arrivi internazionali (a doppia cifra in alcuni mercati chiave come gli USA) e circa 170 milioni di euro di ricavato aggiuntivo per l’economia irlandese.
Ancora indietro l’Italia, dove – spiega il Ciset – non ci sono se non pochi studi disponibili. Eppure il turismo delle origini può attingere da un bacino di 80 milioni di persone di origine italiana, discendenti da quei circa 30 milioni di connazionali che sono emigrati in diversi periodi storici tra la seconda metà dell’800 e gli anni ’70 del ’900. I principali mercati sono ovviamente i paesi in cui si concentrano le “comunità” più vaste, quali Brasile (25 milioni), Argentina (20 milioni) e USA (17 milioni), senza dimenticare Francia, Svizzera, Germania e Australia. Nonostante la vastità di questo mercato potenziale, ad oggi l’offerta specializzata in turismo delle origini sull’Italia appare frammentata, ancora poco sviluppata e piuttosto spontanea. Ad alcuni siti web di ricerche genealogiche a pagamento dedicate alle radici italiane, si affiancano tour operator stranieri, fondati da discendenti di emigrati italiani, che offrono pacchetti verso destinazioni più o meno note del Bel Paese.
È solo di recente che si stanno affermando alcuni tour operator e agenzie di viaggio incoming, che da iniziativa spontanea si stanno strutturando come operatori specializzati proponendo servizi di ricerca genealogica oltre che di organizzazione della vacanza su misura. Operatori che sono nati e focalizzati nelle regioni maggiormente interessate dall’emigrazione italiana, quali Veneto, Campania e Sicilia.
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Fonte foto: novecento.org