Boschi e alberi sono l'anima del genius loci del Monferrato e delle sue più suggestive attrattive turistiche
Un territorio a volte non è "solo" un'area delimitata e connotata da confini che ne permettono la visualizzazione sulla mappa geografica. Spesso il luogo che popolazioni, gruppi etnici e comunità riconoscono come quello delle proprie radici non è chiuso all'interno delle frontiere che separano Stati, regioni, province e località o delineate da monti, fiumi, laghi e mari. Ad esempio, il Monferrato... “scomparso” da secoli nelle mappe geografiche, la cui traccia indelebile della sua esistenza è invece contrassegnata dai toponimi di cittadine storiche, borghi antichi e località emblematiche. In tante parole e locuzioni dei dialetti, sempre meno parlati dalle nuove generazioni e quindi lingue indigene in estinzione, si condensa ed esprime il patrimonio di eredità culturali immateriali di una comunità etnico-territoriale. Tante “cose” che sono impresse e condivise nell'immaginario collettivo di una popolazione, ma “immerse” e “sommerse” nel retroterra storico e sociale di un territorio. Il tesoro che costituisce la ricchezza “speciale” dei monferrini si estrinseca e conserva nella pratica di alcune antiche tradizioni, in particolare nelle ricette della cucina tipica locale, e di nuove forme di socialità, soprattutto le attività di turismo esperienziale, con cui nel territorio si ravviva la memoria storica che anima il genius loci.
Lo "spirito" del Monferrato è il retaggio di una civiltà del passato, ormai molto remoto, e della sua cultura, prosperata nel Medioevo e in epoca rinascimentale, cioè nella storia del marchesato esistito dal X al XVIII secolo e la cui identità territoriale si è tramandata con storie e leggende che conservano e tramandano il ricordo delle vicende che ne spiegano l’origine e il suo legame indissolubile con l'ambiente naturale, soprattutto con le foreste selvatiche che i monferrini hanno "domato" e oggi sono diventate i frutteti e, soprattutto, noccioleti e vigneti degli agricoltori, piantagioni coltivate da agronomi e parchi curati da guardie e conservatori.
Nonostante tutta la provincia di Asti sia una grande porzione del Monferrato, la maggior parte di cittadine, paesi e borghi monferrini sono all'estremità sud-orientale della provincia di Vercelli e nell'area nord-occidentale della provincia Alessandrina. Il centro principale è Casale Monferrato, una delle capitali, l'ultima, dell'antico marchesato, incastonata tra le colline e un'insenatura del Po, alla cui sponda opposta c'è una frazione del comune, la località denominata Casale Popolo in riferimento al populus, cioè al pioppeto che un tempo era l’habitat e la principale risorsa economica della popolazione locale.
La fondazione del Monferrato avvenne nel X secolo, tramite il conferimento del territorio al capostipite della dinastia di marchesi che lo ha governato per oltre 500 anni, fino al XVI secolo. Il marchesato era compreso nell’area geografica che i romani definivano Gallia ed esteso nella zona della vallata del Po che da Franchi, Goti e Longobardi era denominata wast, cioè “vastitudine di terre selvatiche”, poiché vi predominavano paludi, brughiere, boschi, foreste e, appunto, selve. Tra gli anni '30 e il '67 del X secolo queste terre allora vergini e oggi intensamente coltivate, la distesa di campi, risaie e vigneti nelle province di Alessandria, Asti, Torino e Vercelli e in parte di quelle di Genova e Savona, vennero progressivamente assegnate ad Aleramo, che la leggenda eziologica narra fosse nato in loco ma non indigeno, non “originario” del posto bensì, come adesso si dice, “naturalizzato” e, come un tempo si diceva, “trapiantato” nel posto…
Personaggio storico di cui non si conosce la biografia, Aleramo è il mitico protagonista di molte rocambolesche e romantiche avventure cantate dai menestrelli, tra cui molti celebri trovatori, e celebrate in opere liriche e poetiche. Le leggende narrano che nacque durante il viaggio dei genitori, nobili franchi, in pellegrinaggio per Roma, che lo affidarono alle cure di una balia del luogo, dove crebbe allevato da una famiglia di contadini. Sappiamo inoltre da questi racconti che fece una brillante carriera militare nell’esercito del re d’Italia, in cui si era arruolato come cuoco e compì valorose imprese nelle battaglie contro i Saraceni che dagli approdi sulle coste facevano scorribande in Provenza e Piemonte. Nominato coppiere del sovrano, a corte si innamorò di una principessa... Sicuramente Aleramo sposò una figlia di un re d'Italia, ma non è certo di quale dei tanti succeduti ai suoi tempi: Rodolfo II di Borgogna, poi Ugo di Provenza, quindi Lotario d’Arles, spodestato da Berengario II e, infine, Ottone I di Sassonia incoronato imperatore del Sacro Romano Impero al fianco della seconda moglie, Adelaide di Borgogna che, essendo figlia di Rodolfo e vedova di Lotario, era la legittima erede al trono italiano. Nella fuga d’amore con la fiabesca principessa, Aleramo si rifugiò nella terra natia, lavorando come carbunin (boscaiolo), e si riscattò soccorrendo il suocero, caduto da cavallo durante una battuta di caccia nella foresta. Storicamente, il primo feudo di cui venne insignito Aleramo fu la corte Auriola, di cui non c'è più traccia nelle mappe e situata tra Leri, una frazione del comune di Trino Vercellese che un tempo era la tenuta agricola di Camillo Benso di Cavour, e Lucedio, il cui toponimo Lucus Dei identificava l'area come un bosco sacro e dove all'inizio del XII secolo venne fondata un’abazia dei cistercensi, la seconda in Italia, oggi un sito archeologico, una tenuta agricola e il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino, dal 1275 un possedimento curato dai conservatori del patrimonio e oggi una riserva naturale compresa nel sistema della aree protette dalla tutela dell’ente Parco del Po Vercellese-Alessandrino e gestita con criteri e metodi di sostenibilità certificati da FSC.
Tra il XII e il XVI secolo i marchesi del Monferrato e i loro discendenti, un ramo della dinastia dei Gonzaga, ebbero particolari cure alla conservazione di un luogo particolare, il Sacro Monte di Crea, oggi un sito UNESCO e dal 2014 il panorama che Giosuè Carducci, nel 1906 il primo letterato italiano vincitore del Premio Nobel, ha descritto come "l'esultante di castella e vigne suol d'Aleramo" è l'elemento fondamentale del sito seriale UNESCO Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte. Con interventi attuati nel XX secolo, molte altre zone montane e boschive della provincia alessandrina sono diventate parchi tutelati come beni e patrimoni ambientali. Senza soluzione di continuità con il passato, nel presente molti e vasti terreni del territorio sono ancora destinati alle coltivazioni di alberi da frutto e alle piantagioni di fusti arborei e recentemente in Monferrato ci sono molti segni di un ritorno alle origini che rianima il genius loci. Aleramo è "ri-nato", perché il nome del padre-fondatore del Monferrato è stato dato a una nuova varietà di pioppo generata nei laboratori dell'Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura - CREA di Casale Monferrato incrociando i geni della texana Populus deltoides Marshall e del Populus nigra L. di Rosignano Monferrato, e sempre più numerosi turisti sono attratti in Monferrato dalle infinite gradazioni di verde che vi si ammirano in primavera ed estate, dallo spettacolo del variopinto foliage autunnale e da alcuni secolari alberi emblematici che raccontano la storia del territorio “dal vivo”: la cerro-sughera RUL VERDA, una Quercus Crenata alta quasi 30 metri che ha un’età stimata di circa 140 anni; l’epifita BIALBERO di Casorzo, un gelso in cui si è spontaneamente innestato un ciliegio; il singolare, unico al mondo, POZZALBERO del Castello di Frassinello, un gelso che “abbraccia” la sorgiva accanto a cui forse è stato appositamente piantato, o chissà…
Tutto il "popolo" verde del Monferrato sarà protagonista della fiera del verde e dell'agricoltura MONFERRATO GREEN FARM, di cui Marketing del Territorio è media-partner ufficiale.
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Immagine di copertina: il pioppeto di Morano Po - Piemonte Parchi