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Sono centoventi le linee abbandonate, per oltre 1500 km di binari, con più di 400 stazioni e migliaia di fabbricati. Le attende un riutilizzo turistico e sociale

Sono vari i motivi per cui si è scelta la definitiva dismissione di un tracciato ferroviario. I principali sono l’insufficienza della domanda di trasporto che ha reso improduttivo il mantenimento del servizio oppure la realizzazione di linee più performanti con variazioni del tracciato. Spesso si è trattato di scelte vissute in maniera dolorosa dagli utenti, con un senso di perdita per quel patrimonio di attività umane, di viaggi e di ricordi. È però cresciuto un movimento di opinione per ridare una nuova identità a quei percorsi, di cui pare essersi accorto il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane che, con una ritrovata sensibilità verso il passato, da qualche anno ha dato vita alla Fondazione FS con l’obiettivo di salvaguardare, valorizzare e preservare l’inestimabile patrimonio storico, tecnico, ingegneristico e industriale del Gruppo. Vecchie locomotive e carrozze d’epoca, storiche stazioni con rotaie arrugginite, case cantoniere e magazzini abbandonati oggi possono costituire un patrimonio su cui investire per recuperare elementi un tempo fondamentali per le Comunità che li ospitavano.

È nato così un Atlante delle linee ferroviarie dismesse che raccoglie più di 120 schede dettagliate – dati tecnici e storici, fotografie e posizione geografica, oltre a qualche accenno ai contesti circostanti per comprendere le potenzialità e i possibili benefici – relative a circa 1.500 km di linee ferroviarie, lungo le quali sono collocate più di 400 stazioni e migliaia di fabbricati. Con questo volume, FS Italiane e Rete Ferroviaria Italiana intendono rivolgersi in particolare alle amministrazioni pubbliche e alle associazioni interessate a individuare possibili forme di riuso e riconversione, sia in chiave turistica, sia per una mobilità ecosostenibile, dei luoghi non più funzionali al core business industriale. Per sei percorsi la Fondazione FS ha già chiesto a RFI la riattivazione dell’esercizio in chiave storico-turistica: la ferrovia del Parco Sulmona Carpinone (denominata la Transiberiana d’Italia), la ferrovia del Lago d’Iseo, la ferrovia della Val d’Orcia, la Ferrovia dei Templi da Agrigento bassa a Porto Empedocle, la Ceva-Ormea e la Vignale-Varallo Sesia.
Di altre linee verrà messo a disposizione del territorio e dei cittadini il sedime ferroviario abbandonato per realizzare percorsi per la mobilità dolce, le cosiddette Greenways. La sfida è ora trasformare queste ex ferrovie in percorsi verdi con funzione sia ludica sia di mobilità locale in bici, a piedi e a cavallo. Diversi sono i soggetti interessati al progetto: Anas, MiBACT, MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), Agenzia del Demanio. Quest’ultima, in particolare, per le potenzialità delle case cantoniere che potranno essere trasformate in luoghi di accoglienza “diffusa” sviluppando altresì servizi per il ciclista, il turista equestre o il camminatore.

 

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