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"Fra tutti i compagni di viaggio che si potevano auspicare per il nostro disastrato patrimonio culturale, quello del turismo è sicuramente il più scontato. E il più pericoloso": una battuta, anzi una provocazione, apre la riflessione sul nostro sistema culturale-turistico di Maria Pia Guermandi, archeologa e firma del blog "Nessun dorma" ospitato sul sito internet del quotidiano l'Unità.

Nel post intitolato "Liaisons dangereuses: beni culturali e turismo", Maria Pia Guermandi analizza il rapporto pericoloso tra il settore turistico e i beni culturali italiani, lamentando il rischio di un appiattimento della "funzione dei beni culturali e paesaggio a quella di strumento al servizio delle rendite economiche derivate dai flussi turistici". Dopo aver chiarito di non essere contrario a un uso commerciale del nostro patrimonio culturale, l'autrice spiega: "Il problema è piuttosto di governare un fenomeno con strumenti più efficaci di quelli finora adottati, considerate le caratteristiche quantitativamente espansive che lo connotano. L’uso a fini turistici del nostro patrimonio culturale è invece tuttora caratterizzato da elementi di improvvisazione e superficialità di analisi che tendono ad appiattirsi su di uno sfruttamento acritico".

Per superare questa fase, dunque, l'idea di Maria Pia Guermandi è di sviluppare una "capacità di elaborazione di una strategia complessiva che parta da una visione finalmente aggiornata e democratica della funzione sociale del nostro patrimonio culturale. Insomma, una politica dei beni culturali e del paesaggio degna di questo nome".

Fra tutti i compagni di viaggio che si potevano auspicare per il nostro disastrato patrimonio culturale, quello del turismo è sicuramente il più scontato. E il più pericoloso. Già in passato avevamo rilevato come un abbinamento di questo genere tende ad appiattire, inesorabilmente, la funzione dei beni culturali e paesaggio a quella di strumento al servizio delle rendite economiche derivate dai flussi turistici.

Non solo: il turismo, prima industria a livello mondiale, ha un’impronta ecologica pesantissima che, se non governata, è causa di pesanti ricadute su monumenti, città e paesaggi, in termini di pressione antropica, degrado dei centri storici, speculazione edilizia: fenomeni ormai ben noti al Bel Paese. Insomma rischia di essere l’attività che vampirizza e distrugge la risorsa che la alimenta.

Intendiamoci, la legittimità e opportunità di un uso turistico del nostro patrimonio culturale non è in discussione. Il problema è piuttosto di governare un fenomeno con strumenti più efficaci di quelli finora adottati, considerate le caratteristiche quantitativamente espansive che lo connotano. L’uso a fini turistici del nostro patrimonio culturale è invece tuttora caratterizzato da elementi di improvvisazione e superficialità di analisi che tendono ad appiattirsi su di uno sfruttamento acritico, in cui una “valorizzazione” improvvisata sforna eventi e attività senza innovazione e senza strategia.

E soprattutto, il turismo deve tornare ad essere una fra le tante  possibili attività di fruizione del nostro patrimonio culturale. Non la sola e predominante. Perchè oltre ai turisti ci sono i cittadini e coloro che aspirano a diventarlo e per i quali l’integrazione può e deve avvenire anche attraverso quello strumento formidabile di inclusione e coesione che possono diventare i nostri beni culturali.

Oltre e più che col turismo, quindi, occorrerà tessere stretti legami con altri settori, quali quello dell’istruzione, dell’integrazione, della coesione territoriale.

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