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La cultura per crescere al Sole 24 Ore: 20 capolavori italiani in 20 capitali dei Paesi ospiti dell'Expo, ogni anno una capitale italiana della cultura e investimenti nella ricerca

 

È una cesura netta quella che è emersa nell'intervento amaro di Emmanuele Emanuele nel corso della seconda edizione degli Stati Generali della Cultura, l'iniziativa de Il Sole 24 Ore e della Fondazione Roma per fare della cultura e del patrimonio, della creatività e della tecnica il volano dello sviluppo e della ripresa del Paese.

 

La faglia di Sant'Andrea, la cesura, è quella tra privati e Stato, denunciata proprio dall'intervento del presidente della Fondazione Roma: "Dal 2012 il budget del ministero per i Beni e le Attività Culturali ha perso il 27%" ha dichiarato Emanuele "Quanto al bilancio statale per la cultura siamo a un livello inferiore rispetto a Danimarca, Irlanda, Grecia e Malta" così per intenderci, e aggiunge numeri dolenti, quelli dei contributi pubblici alle istituzioni museali: "Il British Museum riceve 85 milioni di sterline l'anno; la Tate Gallery 38, il Reina Sofia 42. Il MaXXI 5". E beato il museo delle arti del ventunesimo secolo di Giovanna Melandri se, per esempio, il Castello di Rivoli, primo museo d'arte contemporanea italiano, deve camminare da solo. Emanuele conclude tuonando: "Se lo Stato non ce la fa, che si faccia da parte. Ce la faremo da soli". Meno male che il suo intervento ha introdotto il pomeriggio di lavori all'auditorium del Sole 24 Ore in viale Monte Rosa a Milano.

Più tardi il direttore Roberto Napoletano – che da anni nelle righe del suo "memorandum" sulla Domenica del quotidiano stimola il circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione quale formula per la ripresa – ha strappato la promessa di un piano concreto di interventi a Enrico Letta. Il premier, collegato in videoconferenza da Palazzo Chigi, si augura che l'Expo 2015 sia lo scenario di "tutto ciò che di bello l'Italia può rappresentare" e, nel dettaglio, ha proposto immediatamente di: inviare 20 importanti opere italiane da esporre nelle capitali dei principali paesi ospiti dell'Expo, nominare ogni anno una "capitale italiana della cultura" mettendo in concorrenza le città italiane e favorendo il flusso di fondi privati con benefici fiscali, varare nella legge di stabilità un significativo credito di imposta per gli investimenti in ricerca.
Un primo risultato, quindi, per un'iniziativa nata con il Manifesto per una Costituente per la Cultura, pubblicato a febbraio 2012 sulla Domenica del Sole 24 Ore per il semplice scopo di fare rispettare l'articolo 9 della Costituzione, che recita: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".
Se dalla prima giornata nel febbraio 2012 nulla di concreto è stato fatto, le promesse di Letta di giovedì scorso possono rappresentare un primo passo per accorciare la distanza tra pubblico e privato negli investimenti nell'industria culturale. Il punto numero cinque del Manifesto (Merito, complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale) s'impegna affinché la complementarietà pubblico-privato nel sostegno alla cultura, alla ricerca, al patrimonio divenga diffuso e perché siano attuati provvedimenti legislativi a sostegno di privati e mecenati attraverso sgravi fiscali. Gli indicatori culturali del Paese ci dicono che, a discapito di una forte contrazione delle risorse pubbliche, nel biennio di crisi 2011-2012 la quota del Pil dell'industria culturale e creativa è lievemente aumentata e rappresenta il 5,8% nel 2012 contro il 5,4% del 2011; se si considera la quota dell'industria culturale estesa (educazione e turismo culturale, produzioni tipiche, produzioni di stile, trasporti relativi a territori ad alta densità di città d'arte, attività connesse a edilizia in aree pregio storico culturale, ricerca e sperimentazione scienze sociali, umanistiche e culturali) si arriva al 15,3 % nel 2012, lo 0,3 % in più rispetto all'anno precedente.

 

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Se in alcuni indici l'Italia mostra numeri che non sono proporzionali al suo patrimonio e alle risorse, come ad esempio il Country Brand Index – la capacità di ragionamento strategico nel campo della produzione culturale e creativa – dove siamo solo al 15° posto, il dato della spesa media annua delle famiglie per la cultura che colloca il Paese al secondo posto in Europa è segno di una fame di consumi culturale ancora molto elevata.
Da questi dati si riparte dopo la seconda giornata degli Stati Generali della Cultura: può la politica continuare a tradire l'articolo 9 di quella che è stata più volte definita "la Costituzione più bella del mondo"?

 

Pietro Martinetti - Mailander

Twitter @PietroMartinett

 

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