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Una ricerca fa il punto sul turismo nel mondo e in Italia con un focus sulle tendenze nel nostro Paese, dal turismo culturale a quello balneare, dall’agriturismo al turismo di crociera


unicredit4tourismPer il secondo anno consecutivo UniCredit conferma il suo interesse nei confronti dell’industria turistica attraverso il suo progetto “UniCredit4Tourism”, un rapporto che analizza i trend mondiali e fornisce dati preziosi per chiunque si occupi di viaggi e vacanze a livello professionale. Lo studio parte dal presupposto che il 2015 è stato un anno molto positivo, avendo registrato un nuovo record per il turismo mondiale – pari a 1,2 miliardi di arrivi internazionali – a dispetto di una situazione economica e geopolitica ancora molto complessa.
Ma come sarà il 2016? Giunti ormai quasi alla metà dell’anno il ritmo di crescita dovrebbe continuare e attestarsi intorno a un +4%. Al netto di eventuali emergenze climatiche e di minacce di atti terroristici, purtroppo sempre da mettere in conto, l’anno turistico dovrebbe fondarsi su alcuni eventi importanti come le Olimpiadi di Rio de Janeiro, i Campionati Europei di calcio in Francia e per l’Italia, il Giubileo della Misericordia. Si tratta di tre eventi che tuttavia al momento non paiono aver inciso come le edizioni che li hanno preceduti. Piuttosto tra i fattori positivi sono da annoverare i fermenti dovuti all’esplosione della sharing economy che ha rivoluzionato i settori della ricettività e dei trasporti fornendo nuove soluzioni ai viaggiatori attraverso la condivisione di beni – Airbnb, Blablacar, Uber – e strumenti che hanno aggiornato la filiera dell’intermediazione (booking.com, Expedia, TripAdvisor, Trivago) rendendo inoltre tangibile e misurabile la fiducia, un elemento su cui si basa il turismo esperienziale.
Tornando ai dati forniti dall’interessante studio di UniCredit realizzato con la collaborazione del Centro Studi del Touring Club Italiano – un booklet di oltre cento pagine che fa il punto sul turismo nel mondo e in Italia, con dati e tabelle di enorme interesse per gli operatori – nel 2015 l’Europa si è riconfermata la destinazione turistica più visitata: con 609 milioni di arrivi internazionali attrae, infatti, il 51% dei flussi complessivi. Seguono Asia e Pacifico (277 milioni, circa il 23%) e l’America con 191 milioni di arrivi (16%). Europa, America e Asia-Pacifico registrano i tassi di crescita più elevati (+5% circa). In Medio Oriente, i flussi aumentano (+3,1%) nonostante la crisi in Siria, mentre in Africa rallentano (-3,3%): la complessa situazione sulle sponde del Mediterraneo pesa sulle dinamiche dell’intero continente, visto che il Nord Africa attrae oltre un terzo degli arrivi nella regione.
La classifica dei Paesi più visitati al mondo non riserva particolari sorprese rispetto a quella degli ultimi anni: resta, infatti, al primo posto la Francia con 83,8 milioni di arrivi internazionali, seguita dagli USA (74,8), dalla Spagna (65) e dalla Cina (55,6). L’Italia si conferma quinta (48,6 milioni), prima della Turchia (39,8). L’unica novità è l’ascesa, in decima posizione, del Messico (29,3 milioni) che con un incremento sul 2013 di oltre il 20% ha superato la Thailandia.
Consolidata anche la top ten dei principali Paesi generatori di spesa outgoing: si conferma al primo posto la Cina (164,9 miliardi di US$; +27,1% sul 2013), seguita da USA (110,8) e Germania (92,2). Due le novità: il Regno Unito, in quarta posizione (57,6), supera la Russia (50,4 miliardi) e l’Italia (28,8) - dopo anni in cui continuava a retrocedere - è risalita in ottava posizione scavalcando l’Australia.
La ricerca fotografa l’Italia in maniera positiva: l’Organizzazione Mondiale del Turismo ci pone per capacità attrattiva in quinta posizione con 48,6 milioni di arrivi internazionali per una industria turistica che vale 67,2 miliardi di euro (il 4,2% del Pil) che salgono a 165,4 miliardi di euro (il 10,2% del Pil), se si considera anche l’indotto. Ciò ha ricadute molto positive anche in termini di posti di lavoro: 2,6 milioni gli occupati totali. Da ciò si evince che puntare sul turismo significa far crescere i territori – e la qualità della vita dei residenti – nonché diverse filiere come agricoltura, artigianato, industrie creative che concorrono ad arricchire l’offerta.
Tuttavia anche come meta turistica il Bel Paese si muove a due velocità: Centro-Nord e Sud paiono procedere su binari differenti. Si tratta di un vero e proprio paradosso se si considera che le caratteristiche turistiche più apprezzate del nostro Paese – clima, paesaggio, patrimonio storico, cibo – sono un’efficace sintesi del Meridione. Ad esempio il Veneto è, con quasi 62 milioni, la regione più turistica, una performance tre volte superiore a quella della Campania (18 milioni), quattro volte quella della Sicilia (15). Se annualmente sul territorio italiano possiamo registrare quasi 378 milioni di presenze totali – il 49% delle quali straniere – nemmeno il 20% ha come destinazione il Sud. Considerando, poi, i flussi provenienti dall’estero, la situazione appare ancora più fosca: solo il 14% delle presenze coinvolge un’area meridionale. Anche la spesa incoming è un indicatore attendibile del diverso livello di sviluppo del turismo nelle regioni: la leadership è del Lazio (6,1 miliardi di euro lasciati dagli stranieri), segue la Lombardia (5,8) e, a distanza, Veneto (4,8) e Toscana (4). La prima regione del Sud – sesta – è la Campania con 1,5 miliardi di euro. Le regioni meridionali attraggono insieme 4,6 miliardi, meno di quanto faccia il Veneto e poco più della Toscana.
Da ultimo, una delle questioni che il turismo italiano dovrebbe risolvere, in particolare su alcuni territori, è la stagionalità. Se a livello medio nazionale, la metà delle presenze totali si registra nel trimestre giugno-agosto, in molte regioni supera il 60% (Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sardegna) e nel caso della Calabria arriva a quasi il 72%.
Un fattore accomuna infine le diverse regioni: la dipendenza dal mondo di lingua tedesca. Il primo mercato incoming è, infatti, la Germania in 15 casi: per gli altri, costituisce il secondo con la sola eccezione della Valle d’Aosta. Dati che dovrebbero far riflettere, e programmare di conseguenza, gli operatori delle varie regioni.

 

riccardo caldara 180x226Riccardo Caldara

Twitter @riccardocaldara

 

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