Positiva la stima della spesa generata da turisti italiani in Italia per le vacanze 2020, purché venga garantita un’offerta in sicurezza per fronteggiare il lockdown psicologico
Per aiutare il turismo messo in ginocchio dall’emergenza sanitaria legata al Covid-19 basterebbe che quest’anno gli italiani scegliessero di trascorrere almeno una vacanza entro i confini nazionali. Si parlerebbe di circa 275 milioni di presenze che potrebbero generare una spesa pari a 20,6 miliardi di euro, fondamentali per compensare almeno del 30% l’inevitabile calo di turisti provenienti dall’estero, che nel 2019 avevano fatto registrare ben 216 milioni di presenze.
Sono questi i numeri frutto dello studio che Demoskopika – gruppo italiano che dal 2001 si occupa di sondaggi di opinione e ricerche di mercato per conto di enti pubblici, imprese, organizzazioni private, associazioni di categoria – ha pubblicato pochi giorni fa direttamente sul proprio portale.
Demoskopika ha suddiviso i turisti italiani in tre gruppi: gli identitari, cioè coloro che trascorrono le vacanze nella stessa regione in cui risiedono abitualmente; gli esterofili, vale a dire i turisti italiani che ogni anno scelgono l’estero come meta per le proprie vacanze e infine i nazionalisti, i turisti italiani residenti in una determinata regione che per le vacanze rimangono in Italia, ma non nella regione di residenza. Ogni anno sono circa 85 milioni gli arrivi turistici movimentati dagli italiani, di cui 21,1 milioni sono rappresentati dagli esterofili, 49,2 milioni dai nazionalisti e 14,6 milioni gli identitari; in termini di presenze, dei 275 milioni già citati prima, 66,5 milioni sono da imputare agli esterofili, 161,4 milioni ai nazionalisti e 46,9 milioni agli identitari. Sono cifre importanti, su cui vale la pena fare qualche riflessione: secondo l’istituto di ricerca, infatti, è su di loro che si dovrà giocare la partita della ripresa, dato che per rivedere turisti stranieri si dovrà ragionevolmente attendere un bel po’.
Secondo il presidente di Demoskopika Raffaele Rio, comunque, fare leva sull’italianità non basta. “Finito il lockdown formale bisognerà fare i conti con il lockdown psicologico, con la paura dei cittadini di spostarsi. In questa direzione, risulta necessario che ciascun sistema regionale si attivi per ripensare l’offerta turistica in totale sicurezza” ha dichiarato Rio. Il consiglio è di attivare una serie di interventi che non puntino banalmente ad adeguare l’esistente, ma che valorizzino il cosiddetto “turismo a chilometro zero” – quello dei luoghi minori, della montagna, dei parchi, dei tanti piccoli borghi presenti sul territorio nazionale. Ciò che Rio auspica è quindi “una strategia che, come un sasso nello stagno, generi più cerchi concentrici, ognuno dei quali a rappresentare i differenti gruppi di turisti autoctoni da convincere e motivare per la scelta della destinazione più idonea”. L’azione, secondo Rio, non è esente da rischi: per questo motivo sarà fondamentale una “costante condivisione tra i vari livelli istituzionali per scongiurare che l’inevitabile competizione che scoppierà tra i sistemi turistici regionali possa generare livelli qualitativamente discriminanti, alimentando offerte di serie A e di serie B”.
Se i cittadini scegliessero di trascorrere le vacanze all’interno del territorio regionale di residenza – se tutti diventassero turisti identitari, insomma – si garantirebbe una certa omogeneità di presenze in tutto il Belpaese. Inutile dire, quindi, che verranno premiati quei sistemi turistici locali che sapranno trattenere i rispettivi “mercati autoctoni” valorizzando la propria identità, le proprie tradizioni, le peculiarità e il patrimonio culturale locali. Vincerà, quindi, il cosiddetto “turismo di prossimità”.
Per incentivare opportune riflessioni strategiche in tal senso, Demoskopika ha ideato un indicatore – il tasso di appartenenza turistica regionale (T.A.Tu.R.) – che rappresenta il rapporto tra i turisti che trascorrono la vacanza nella regione di residenza (gli identitari di cui sopra) e il totale dei vacanzieri residenti di quella regione. Com’era facilmente immaginabile, le regioni che presentano il tasso di appartenenza turistica maggiore sono le due isole maggiori: la Sardegna vanta un notevole 39,5%, la Sicilia un bel 35,66%. Seguono la Toscana, il Veneto e l’Emilia Romagna, tutte e tre con un T.A.Tu.R superiore al 20% (rispettivamente, 23,06%, 22,44% e 21,29%). Presentano un tasso di appartenenza turistica regionale intermedio la Calabria (19,53%), la Campania (19,49%), la Puglia (18,98%), il Trentino-Alto Adige (17,62%), la Lombardia (14,64%) e il Piemonte (13,90%). Nella parte bassa della classifica troviamo il Lazio (10,87%), l’Abruzzo (10,75%), il Friuli Venezia Giulia (10,62%), le Marche (9,59%), la Basilicata (7,73%) e la Liguria (7,18%). Chiudono l’elenco con un T.A.Tu.R. inferiore al 5% l’Umbria (4,70%), la Valle d’Aosta (4,61%) e il Molise, che con il 2,82% è la regione con meno turisti identitari d’Italia.
Con delle buone politiche di marketing territoriale, questa situazione di difficoltà può diventare l’occasione per valorizzare eccellenze e peculiarità locali spesso trascurate, trasformando l’Italia in una riserva pressoché infinita di bellezze da scoprire.
Maggiori informazioni e gli allegati statistici sono disponibili nella nota stampa dedicata, sul sito di Demoskopika.
Teresa Principato
Twitter @teresa_pr
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