Un'analisi di Confturismo sui turisti con pacchetto che arrivano da Germania, Russia, Stati Uniti e Giappone mostra i benefici e le criticità di questo segmento di mercato organizzato
Qual è "L'apporto del turismo all'economia italiana"? Una domanda ricorrente per chi si occupa di questo settore, a cui ha dato una parziale risposta uno studio, intitolato proprio così, di Confturismo Confcommercio.
L'analisi di Confturismo, presentata oggi presso la sede dell'Enit, dimostra ancora una volta come il turismo sia un bene sempre più irrinunciabile per l'economia mondiale, nonostante la recessione. E se a livello mondiale l'andamento del settore è stato nel 2013 superiore alle attese sia in termini di movimento (+5%) che di spesa, anche l'Europa meridionale e mediterranea ha goduto di questo quadro favorevole, con una crescita del turismo del 5%. Lo studio ha analizzato in particolare quattro mercati: Germania, Russia, Stati Uniti e Giappone; mercati di particolare rilevanza per l'Italia, dal momento che questi quattro Paesi rappresentano il 40% dei turisti stranieri organizzati in Italia.
I pacchetti turistici costituiscono circa il 20% del movimento complessivo di turisti da questi quattro Stati verso l'Italia, e l'analisi di Confturismo mostra alcuni dati molto interessanti per questo segmento dell'industria dei viaggi. Innanzitutto, il 59,6% del turismo incoming organizzato proveniente dai quattro mercati analizzati è rivolto verso le nostre città d'arte, ma tra i visitatori in arrivo dal Giappone questa percentuale si attesta addirittura all'85,3%. I turisti organizzati provenienti dalla Germania, invece, sono grandi "repeaters": il 31,4% dei tedeschi che sono arrivati nel nostro Paese con un pacchetto, infatti, è già stato in Italia addirittura più di 10 volte.
Ma i pacchetti turistici non sono una fonte economica solo per il nostro Paese, anzi: se si osservano i dati relativi ai fatturati, infatti, si scopre che mediamente che solo il 47,1% del giro d'affari generato dai viaggi organizzati degli stranieri rimane in Italia; sommando a questo fatturato anche quello generato dalle spese extra, il dato sale al 57,4%.
Sempre secondo lo studio di Confturismo, il fatturato del turismo incoming organizzato si distribuisce in modo sensibilmente diverso a seconda del Paese di provenienza dei viaggiatori. Le percentuali, infatti, indicano che tedeschi e giapponesi sono molto attenti all'alloggio, per cui spendono rispettivamente il 33,55% e il 33,96% del fatturato che resta in Italia; i turisti dagli Stati Uniti sono invece più propensi alla spesa nella ristorazione, per cui spendono il 25,72% del fatturato, mentre i visitatori russi amano (notoriamente) lo shopping, che copre il 39% della spesa.
Luca Patanè, presidente di Confturismo Confcommercio, dalla sede dell'Enit ha spiegato con una punta di polemica il senso dell'analisi: "Questo studio serve a capire le opportunità che offre il settore, secondo i vari mercati di provenienza e vuole anche sensibilizzare la politica che si ricorda del turismo solo nelle settimane di campagna elettorale, per dimenticarlo subito dopo". Sulla stessa lunghezza d'onda anche Alberto Corti, responsabile Turismo di Confcommercio, che indica come far crescere il giro d'affari e le percentuali del fatturato che restano nei nostri confini: "L'Italia perda una parte importante di fatturati perché il nostro sistema dei trasporti non è in grado di portare in Italia turisti. È inoltre fondamentale costruire nostri portali, intercettando quanto più è possibile da vicino il cliente".
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Fonte foto: firstonline