La finalissima della massima competizione calcistica per club è molto più di una partita. È un vero e proprio affare, per le squadre che vi partecipano e per la città che la ospita
Domani, sabato 25 maggio 2013, si svolgerà la finale della più importante competizione per club del calcio (e forse anche dello sport in generale). Di fronte, due squadre provenienti dalla Germania, il Bayern Monaco di Jupp Heynckes e il Borussia Dortmund di Jurgen Klopp, che si affronteranno in uno dei più importanti teatri del football mondiale, il leggendario Wembley di Londra. O meglio, nel nuovo Wembley, costruito nel 2007 dopo la demolizione del vecchio Wembley Stadium (attivo dal 1923 al 2003) con una spesa di 757 milioni di sterline (883 milioni di euro).
Un investimento importante, per un impianto che sabato ospiterà 85.000 tifosi in grandissima parte tedeschi. Ma un investimento che dà i suoi frutti, considerato che una finale di Champions League vale circa 400 milioni di euro, secondo le indagini effettuate negli scorsi anni dal professor Simon Chadwick per Mastercard, da suddividere tra la città ospitante e le due squadre che vi partecipano (e i loro territori). L’ultima città italiana a ospitare la finale di quella che un tempo si chiamava Coppa dei Campioni fu Roma, nel 2009 (il Barcellona batté 2-0 il Manchester United), l’anno prima dell’ultima vittoria italiana firmata dall’Inter.
E proprio dalla città dell’Inter era stata avanzata la candidatura per la finale di Champions del 2015: per suggellare l’anno dell’Expo, infatti, Milano si era candidata per la finale 2015, che però è stata assegnata a Berlino. Toccherà quindi aspettare ancora per rivedere dalle nostre parti un evento del genere, ma le condizioni dei nostri stadi non sembrano incoraggianti, anche perché uno dei pochi impianti giudicati all’altezza degli standard europei è lo Juventus Stadium, che però non potrà mai ospitare una finale di UEFA Champions League, che può essere assegnata solo a impianti da almeno 50.000 posti (41.000 la capienza massima dello stadio bianconero di Torino). Torino potrà tuttavia consolarsi con la (meno redditizia) finale di Europa League dell'anno prossimo.
Negli scorsi anni, Mastercard, la carta di credito sponsor ufficiale della Champions, ha diffuso le statistiche elaborate dal professor Simon Chadwick della Coventry University relative al ritorno economico della finalissima. Cifre assolutamente notevoli, tanto per la città che ospita quanto per le squadre che la disputano e i relativi territori di provenienza. Per la finale di Roma 2009, ad esempio, il professor Chadwick stimò una ricaduta economica di 310 milioni di euro, di cui 110 milioni alla squadra vincente (il Barça), 65 milioni alla squadra sconfitta (lo United), 45 milioni proprio per Roma e anche 15 milioni per la città di Barcellona, grazie a una valorizzazione dell’immagine e della reputazione turistica e commerciale. La ricerca infine stimava un guadagno complessivo di oltre 75 milioni di euro per l’area europea.
Si trattava di cifre in aumento del 16% circa rispetto all’edizione precedente, quando la finalissima di Mosca 2008 generò un ritorno di “soli” 267 milioni, ma che nelle edizioni successive sono cresciute ulteriormente. Per la finale del 2010, giocata al Bernabeu di Madrid e vinta 2-0 dall’Inter sul Bayern Monaco, il professor Chadwick (considerato uno dei maggiori esperti mondiali dello sport business direttore del “Centre for the International Business of Sport”) valutò un giro d’affari di 351,5 milioni. Come quest’anno, anche la finale del 2011 fu giocata a Wembley: in quel caso si trattava di una sorta di “prova generale” prima delle Olimpiadi ospitate l’anno successivo, una prova che portò a un ritorno di 369 milioni complessivi.
Nel 2012, la finale vide di fronte proprio una squadra londinese, il Chelsea, e il Bayern Monaco, che oltre a essere un habitué di queste partite era anche la squadra della città che ospitava il match, giocato proprio all’Allianz Arena di Monaco. In questo caso, la ricaduta economica fu valutata molto vicina ai 400 milioni di euro: 130 andarono ai vincitori del Chelsea, 75 al Bayern, a cui però si aggiunsero i 50 milioni per la città (che si consolò così della sconfitta), grazie anche alle 15.000 bibite, le 40.000 birre e ai quasi 20.000 wurstel venditi all’interno dello stadio nelle 4 ore e mezza in cui fu aperto.
Del resto, i tifosi che in tutta Europa videro la gara in tv da pub e ristoranti (si stima che siano oltre 200 milioni gli spettatori in tutto il mondo) generarono in Europa un indotto di 100 milioni. Una cifra imponente, ma esigua se confrontata con il business complessivo dei tifosi calcistici del Vecchio Continente che seguono la propria squadra anche in trasferta: qualche anno fa, una ricerca della European Business School stimò questo giro d’affari nella cifra impressionante di 35 miliardi di euro. Quello che molti considerano il gioco più bello del mondo diventa estremamente serio, quando si tratta di guardare all’aspetto economico.