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Anche James Rodriguez e compagni contribuiscono al processo di cambiamento nella percezione comune della Colombia, da patria del narcotraffico a Paese affidabile in cui viaggiare e investire

Vent'anni dopo, il nome di Escobar evoca ancora due tristi ricordi in Colombia: da una parte Pablo, narcotrafficante, dall'altra Andres, calciatore. Il primo ha fatto sì che al nome del Paese andino si associasse il traffico internazionale di cocaina, il secondo fu ucciso proprio nel 1994 per un autogol in una partita del mondiale Usa '94.
Vent'anni dopo, la Colombia non vuole dimenticare Andres, e la nazionale si appresta oggi a sfidare alla pari il ben più rinomato Brasile, ma vorrebbe che il mondo si dimenticasse di Pablo o che almeno non lo considerasse come una motivazione per un viaggio dalle parti di Bogotà.
"La nostra nazionale è ammirata per come gioca e come esulta dopo i gol. Ci sta aiutando a colmare il gap tra la percezione e la realtà del Paese" ha detto José Pablo Arango, general manger di Marca País, l'agenzia nazionale di promozione del turismo.
Era il 1998 quando la Colombia disputò per l'ultima volta prima di oggi una Coppa del Mondo, e 16 anni fa la Colombia era piegata dai colpi delle Farc e dei cartelli della droga. L'inflazione correva, l'economia stentava e iniziava la recessione. "A quell'epoca i guerriglieri avevano più soldati dell'esercito. Ma ci sono stati radicali cambiamenti da allora" ha detto Carlos Lemoine, presidente del think tank Centro Nacional de Consultoría.
Oggi per fortuna la Colombia sta meglio. Calcisticamente, grazie ai gol di James Rodriguez (festeggiati anche da Will Smith in visita nella città di Ibagué per donare attrezzatura a una squadra locale). E soprattutto economicamente: +6,4% il Pil nel primo trimestre 2014, il miglior risultato del Sud America. Nel 2013 la Colombia ha potuto contare su 16,7 miliardi di dollari di investimenti diretti stranieri, 83 volte più di quanto registrato nel 1998. La produzione di cocaina (come il tasso di omicidi) è in sensibile calo da tredici anni e ora pare che il triste primato spetti al Perù. "Questo è un grande momento perché il mondo ci veda come un posto in cui investire, viaggiare e anche avviare imprese" spiega ancora Arango.
Tuttavia nello stereotipato immaginario collettivo la Colombia è ancora spesso associata alla cocaina, e anche nel corso di questi mondiali non sono mancate parodie e prese in giro rivolte ai "Cafeteros". "Abbiamo avuto 50 anni di storia negativa e di cattive notizie, è difficile far cambiare idea da un giorno all'altro" ammette Arango, che come tutti i colombiani oggi tiferà affinché James e compagni diano ancora un contributo per migliorare con il calcio l'immagine di tutto il Paese.

 

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