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Il turismo e la gestione dei beni culturali sono un'industria e come tali vanno considerati, supportati e – perché no? – riformati. Con buona pace del premier.


A Genova, l'altro giorno, Renzi ha affermato: "l'Italia deve smettere di essere considerata un parco a tema; bene puntare sul turismo, i servizi, la cultura, ma l'Italia è anche industria, e questo di Ansaldo è un punto di partenza". Speriamo che fosse solo riferita al contesto in cui il presidente del Consiglio si trovava, e che magari a Pompei tratti un po' meglio il nostro settore.
Quell'avverbio "ANCHE" non fa ben sperare. Il tema quindi rimane. Siamo seduti sul più grande giacimento culturale del mondo, la vera nostra materia prima, che con un fatturato che supera abbondantemente i 33 miliardi di euro all'anno vuol dire PIL, crescita (+10% entro il 2017 secondo Euromonitor), occupazione, nuovi sbocchi per i giovani, investimenti in strutture alberghiere, flussi turistici in continua espansione da intercettare, logistica e servizi e chi più ne ha più metta. Sono PMI che in Italia spesso vengono contrapposte alla vera unica industria, quella con la I maiuscola: la metalmeccanica e siderurgica (la chimica e le telecomunicazioni non ci sono più).
Il turismo e la cultura sicuramente non saranno la panacea dell'Italia o l'unico settore su cui puntare. Ma almeno si inizi a creare un ministero ad hoc.

 

 

Bruno Caprioli - direttore Marketingdelterritorio.info

Twitter @capriolibruno

 

PS: Il peso del sistema culturale nell'economia italiana è pari a 214 miliardi secondo il rapporto Unioncamere – Symbola. Un settore che vale il 15,4% della nostra economia, e un "lievito" per il nostro sistema turistico. Può bastare?

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