Se non è il colpo di grazia per il turismo italiano, poco ci manca. Non più tardi di due mesi fa Enit e Regioni firmarono un documento comune – destinatario il Ministro Bray – in cui si invitava il governo Letta ad adottare diverse misure urgenti per lo sviluppo del settore, tra cui Imu deducibile, Iva riallineata al livello dei Paesi competitor, stop alla tassa di soggiorno e un fondo per le PMI turistiche.
Per tre delle quattro richieste nulla di fatto, per l’Iva invece si è deciso di andare addirittura nella direzione opposta. Con il rischio, quanto mai concreto, non solo di danneggiare un comparto già in crisi ma anche di ricevere un gettito molto inferiore alle aspettative. Insomma un ulteriore segnale del fatto che una delle principali industrie del Paese viene ancora considerata come una Cenerentola. E dire – come fa Confapi – che pochi punti di IVA in meno potrebbero liberare 100.000 posti di lavoro.
Pur sapendo che non è una manovra esclusivamente contro il turismo ma mirata a raddrizzare gli sgangherati conti del Paese, il settore non ci sta e giustamente prende posizione in modo deciso contro il provvedimento, come dimostrano le proteste e le condanne che arrivano unanimi da tutti gli operatori d’Italia.
Il Direttore
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