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Che cosa pensereste se sapeste che quasi un terzo del conto che avete pagato in albergo quest’estate è andato all’estero, nonostante voi non abbiate superato alcun confine? Difficile rispondere a una domanda del genere, eppure è così che stanno le cose, e anche in maniera piuttosto palese, da qualche anno.

Da quando, cioè, è diventata comune la pratica di prenotare gli hotel da Internet, ricorrendo a motori di ricerca specializzati come Expedia o simili. Portali internet che appartengono a società straniere, con sede fiscale fuori dall’Italia, e che quindi non sono tenute a pagare al nostro Paese le tasse sui proventi derivanti dalle prenotazioni fatte dai viaggiatori online. Pur potendo guadagnare tra il 15% e il 30%, quasi un terzo, sul totale speso durante la prenotazione telematica.

Quando la maggior parte delle prenotazioni turistiche veniva fatta attraverso le agenzie di viaggi, la commissione che queste pagavano agli albergatori era del 10%; oggi invece le percentuali trattenute dalle OLTA sono sensibilmente più alte. E se questo danneggia solo gli albergatori, consentendo comunque all’utente finale un risparmio, a danneggiare l’Italia è una semplice circostanza: i siti come Expedia non hanno sedi fiscali in Italia, ma all’estero, quindi non pagano alcuna imposta su quanto guadagnato grazie alle prenotazioni nei nostri alberghi.

Un doppio danno a cui gli operatori italiani e le associazioni di categoria stanno cercando di porre rimedio, come racconta il Giornale.

Almeno una volta ce ne siamo avvalsi tutti: è utile e conveniente. Se non altro per l'utente, un po' meno per gli alberghi e, a guardare meglio, per il «sistema Italia» nel complesso.
Finché c'erano solo le agenzie di viaggi, queste applicavano agli albergatori una commissione del 10 per cento, oggi invece le percentuali trattenute dai portali di prenotazione online sono più alte. Funziona così: in base al meccanismo del parity rate l'albergatore comunica al sito la sua tariffa più bassa (impegnandosi a non offrirne altre più economiche), che comparirà online assieme alle altre dello stesso tipo. Per ogni prenotazione in quell'albergo fatta attraverso il portale, quest'ultimo trattiene la commissione, che «varia dal 15 fino al 30 per cento», spiega Alessandro Massimo Nucara, direttore generale di Federalberghi.
Per gli albergatori, quindi, in un certo senso si stava meglio quando si stava peggio, anche se questi siti allargano molto il bacino dei potenziali clienti, specie all'estero. Ma il maggior guadagno in termini di commissioni finisce anche questo all'estero, visto che le società dei maggiori portali di questo genere sono tutti stranieri: Expedia ha sedi in tutto il mondo ma la principale è a Bellevue, vicino a Seattle, nello stato di Washington. Più vicino, ad Amsterdam, il quartier generale di Booking.com.

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