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In collaborazione con Federturismo, un’inchiesta sui cambiamenti del rapporto tra gli italiani e il turismo nel corso di oltre vent’anni. Calano imprese alberghiere e occupati nel settore, crescono i viaggi all’estero e la consapevolezza del determinante ruolo dei cosiddetti “big data”

 

Com’è cambiato, dal 1990 a oggi, il rapporto tra gli italiani e il turismo? Marketingdelterritorio.info e Federturismo Confindustria lo spiegano confrontando alcuni dati significativi e la loro evoluzione-involuzione nel corso di oltre vent’anni, in modo da mettere in luce le criticità presenti e i possibili snodi futuri.

Perché la sensazione di un calo, se non di un crollo, del settore del turismo in Italia è ormai piuttosto generalizzate e diffusa. Complice la perdurante stagnazione economica, ogni italiano percepisce la difficoltà di un comparto in crisi disperata. Ma sono i numeri, più delle sensazioni, a restituire l’immagine di un Paese che vive il paradosso di un binomio turismo-cultura che dovrebbe essere il volano dello sviluppo e invece fatica ad avere l’attenzione che merita da parte dei centri decisionali e istituzionali.

I numeri, raccolti da Federturismo per questa nostra inchiesta sull’Italia, parlano chiarissimo: 5.523 imprese alberghiere in meno tra il 1990 e il 2012; quasi 100.000 occupati in meno nel settore, sempre nello stesso periodo, con una contrazione dell’incidenza diretta sul Pil che è passata dal 5,6% del 2000 al 3,3% dello scorso anno; e, quasi conseguentemente, aumento eccezionale dei viaggi dall’Italia all’estero: erano 25.897.000 nel 1990, sono stati 78.703.000 nel 2012.

Sui viaggi dei nostri connazionali oltre confine, in particolare, Federturismo ha raccolto dati molto significativi relativi all’arco di tempo 2008-2012. Proprio in questi anni di apice della crisi, infatti, è rimasto sostanzialmente invariato (anzi, c’è stato un leggero aumento) il numero di viaggiatori italiani registrati alle frontiere: erano 57.387.000 nel 2008, sono stati 57.681.000 nel 2012. Più nello specifico, c’è stata una diminuzione dei viaggi oltre confine nel periodo di punta, ovvero in estate (da 18.647.000 a 17.741.000), bilanciata da una crescita negli altri trimestri, segno di una destagionalizzazione che fa pensare a un più attento calcolo dei costi per le vacanze.

Insomma, gli italiani viaggiano di meno in Italia e di più all’estero: che a prevalere siano motivi economici è probabile. Forse può incidere anche la qualità complessiva dell’offerta, che a parità di prezzo spesso non è così competitiva. Sicuramente non è l’attrattività delle destinazioni. Basta analizzare l’interesse degli stranieri verso il bel Paese. Un terzo dei viaggi venduti dai tour operator internazionali che hanno nel proprio catalogo il prodotto Italia, ha rivelato una recente indagine di Unioncamere e Isnart, ha come destinazione proprio il nostro Paese. Secondo oltre il 60% degli operatori, infatti, l’Italia vince su tutto il resto del mondo per il binomio unico di cultura ed enogastronomia, con un lieve incremento del 2013 rispetto al 2012, quando il prodotto Italia ha rappresentato il 27% dei viaggi venduti dai tour operator internazionali. Certo, siamo ancora lontani dai valori pre-crisi, e indubbiamente i recenti disastri di gestione visti a Roma e Pompei non sono il miglior biglietto da visita per l’estate 2013, ma questo contenuto aumento del gradimento straniero verso il nostro Paese lascia ben sperare, anche se talora si avverte la sensazione che sempre più operatori siano rassegnati a vedere cosa ci riserva il Fato.

Come fare, invece, per prendere in mano la situazione? Come possiamo diventare artefici del nostro destino e far si che da un terzo i turisti stranieri passino al 50% e che i nostri connazionali tornino a viaggiare ed investire in Italia? Le risposte sono molteplici: più integrazione, più investimenti, più decisione. Ma soprattutto, più competenza, ovvero più informazioni a disposizione. Si chiamano “big data”, e sono un enorme flusso di informazioni eterogenee e destrutturate, che possono però trasformarsi in strumento di sviluppo e crescita anche per le aziende del turismo, come emerso dallo studio At the big data crossroads: turning towards a smarter travel experience, realizzato per Amadeuse diffuso tra gli altri da “event report”.

I big data possono provenire da molteplici fonti e riguardano molteplici ambiti della vita digitale dei viaggiatori (social media, acquisti online di prodotti turistici, recensioni su alberghi e ristoranti, prenotazioni dei voli e dei viaggi in generale). Ed è proprio grazie alle nuove tecnologie che questi dati, che si accumulano nei database di alberghi, compagnie aeree e operatori turistici, potrebbero diventare una miniera d’oro, se correttamente gestiti e analizzati (basti ricordare, a mo’ di esempio, che l’impero economico di Facebook si fonda proprio sull’accesso alle informazioni personali degli utenti). È proprio il caso di dire che i numeri per fare meglio li abbiamo, eccome.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è nella capacità di raccontare il territorio (come ci ha raccontato D. M. Scott in un’intervista). Il web ha aggiunto un elemento decisivo e vincente nella comunicazione: la possibilità di raccontare in modo nuovo, diretto e immediato un territorio. E lo fa attraverso un altro strumento potente: il linguaggio delle immagini che possono evocare quello che una pagina scritta spesso lascia solo intravedere.  Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. Internet è un grande moltiplicatore di contenuti dove si può perdere la bussola: in altre parole bisogna saper raccontare. Oltre la vetrina, c’è un mondo vero: è quello che il turista sempre più vuole, ed è quello che bisogna valorizzare

Come conferma Renzo Iorio, presidente di Federturismo Confindustria: “L’Italia è un Paese ricco di risorse e con una consolidata tradizione turistica, ciò nonostante è evidente che soffre di una debolezza diffusa e di una forte incapacità a posizionarsi sul mercato turistico, soprattutto internazionale. Il percorso da fare è ancora lungo. Vanno superate le gelosie tra territori, messe in comune le esperienze positive, valorizzate le diversità. Le imprese devono collegarsi e fare rete per far crescere le loro dimensioni e la loro capacità d’incidere, con una migliore collaborazione pubblico-privato.

Per questo motivo, Federturismo Confindustria ha voluto promuovere il progetto ‘Turismo: una rinascita competitiva, la visione delle imprese’, così da identificare le principali problematiche che devono affrontare le aziende dell'intera filiera turistica italiana per tornare a essere attrattive e competitive sul mercato. Per farlo, sono stati coinvolti in prima persona e in modo attivo 350 imprenditori del settore e delle eccellenze del territorio per raccogliere direttamente dalla loro voce spunti, criticità e prospettive.

Le analisi realizzate, unitamente alle riflessioni e agli stimoli emersi, sono stati riuniti in un documento finale, il ‘Libro Bianco dell’Italia Turistica’, che è stato  presentato lo scorso 30 maggio in occasione delle celebrazioni del Ventennale di Federturismo. Il libro identifica e sintetizza i punti di debolezza del nostro settore relativi alla governance, alla promozione, alla stagionalità, alla qualità dell’offerta di servizi e alle infrastrutture e suggerisce le possibili soluzioni.

Ma è stato solo un punto di partenza, dal quale partire per sviluppare altre occasioni di incontro e confronto con le amministrazioni locali e per realizzare un Masterplan nazionale”.

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