Più di tre al giorno, circa cento al mese: sono gli italiani che si trasferiscono a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, per iniziare una nuova vita, e soprattutto un nuovo lavoro, indispensabile per restare a Dubai oltre i 40 giorni del visto turistico.
"Le grandi manovre sono cominciate con la crisi del 2008, ma nell'ultimo anno si può parlare di esodo: nel 2011 abbiamo approvato 4100 visti, nel 2013 siamo già a 8500, e non è finita" dice il nostro console a Dubai, Giovanni Favilli, che spiega come la "Little Italy d'Arabia" conti ormai 10.000 residenti italiani. Buone prospettive di lavoro, buoni stipendi, costo della vita relativamente contenuto: sono queste le caratteristiche del territorio arabo che attira un numero sempre crescente di nostri connazionali. Anche se tra diritti civili assenti e solitudine, la vita per gli "expat" a Dubai non è priva di ombre.
Come spiega D, la rivista di Repubblica, che racconta le storie di cinque italiani a Dubai:
Giulia si è abituata al caldo torrido di Dubai. Quando era arrivata, tre mesi fa, le avevano detto: "Fai conto che sia inverno. Qui è d'estate che si vive dentro", con l'aria condizionata tarata sul gelo. Eccola, l'estate del deserto: 43 bollenti e umidi gradi non permettono di fare il bagno che a pochi temerari, sulla lunghissima spiaggia di Jumeirah, all'ombra del centinaio di grattacieli tirati su nell'ultimo decennio che nessuno credeva si sarebbero mai animati e che invece hanno attirato gli investimenti (a volte truffa, come nel caso della torre Dolce Vita) di migliaia di asiatici e di occidentali.
Giulia Arnaboldi ha 31 anni, da due mesi ha lasciato Milano e il lavoro di stylist per seguire il marito Matteo, attirato da un'ottima occasione come consulente d'impresa per le start up italiane negli Emirati. Il marito è il suo "sponsor", quello che firma il suo "visa", il visto, parola fondativa della vita quotidiana: senza sponsor e senza visto a Dubai non si compra né si affitta casa e non si lavora: il "visa" è la chiave che consente tanto agli occidentali superspecializzati quanto alla manodopera asiatica di trovare posto in questo scintillante Truman show.
"Di italiani ne arrivano cento nuovi al mese", dice il nostro console Giovanni Favilli, "le grandi manovre sono cominciate con la crisi del 2008, ma nell'ultimo anno si può parlare di esodo: nel 2011 abbiamo approvato 4100 visti, nel 2013 siamo già a 8500, e non è finita".
(Continua a leggere su D di Repubblica)
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