Da capitale della macchina da scrivere a patrimonio dell’umanità: premiati il laboratorio di idee e il concetto di umanesimo capitalista che costituirono l’utopia di Adriano Olivetti
La notizia è arrivata domenica mattina 1° luglio ed era attesa, non solo auspicata. L’Unesco nel corso dei lavori della quarantaduesima sessione del World Heritage Committee a Manama, capitale del Bahrain, ha iscritto Ivrea tra i Patrimoni Mondiale quale Città Industriale del XX secolo. Diventano così 54 i siti Unesco in Italia (primo Paese al mondo) e 5 in Piemonte. Gli altri sono Residenze sabaude, Sacri monti, Siti palafitticoli, Paesaggi vitivinicoli di Langhe e Monferrato, che tuttavia sono siti più diffusi sul territorio mentre la città eporediese ha partecipato in virtù di un complesso unico e ben circoscritto. Si tratta di quel gruppo di edifici ‘moderni’ che hanno caratterizzato la ‘città industriale’ concepita tra il 1930 e il 1960 da Adriano Olivetti e progettata dai più famosi architetti e urbanisti italiani del Novecento. In quegli anni Ivrea, lungo l’asse di corso Jervis, è stata un modello non soltanto dal punto di vista produttivo ma soprattutto ha costituito un esempio di sistema sociale e urbanistico ispirato al concetto di Comunità.
La candidatura di Ivrea è partita da lontano. Dieci anni fa, era il 2008, si celebrava il Centenario della nascita della Società Olivetti. Nell’apposito comitato promosso dalla Fondazione Adriano Olivetti fu avviata una riflessione sul tema della valorizzazione del patrimonio architettonico moderno di Ivrea che portò allo studio per la candidatura Unesco come “Città Industriale del XX secolo”. Sono stati anni di lavoro, poi il dossier e il relativo piano di gestione nel 2016 sono stati trasmessi dallo Stato Italiano all’Ufficio del Patrimonio Mondiale Unesco che ne ha verificato la completezza. La valutazione è iniziata nel 2017 ed è proseguita nel 2018.
L’area divenuta sito Unesco a Ivrea è composta da 27 beni tra edifici e complessi architettonici: come richiede l'Unesco, sono caratterizzati tutti da autenticità e integrità, visto che hanno conservato i caratteri architettonici dei progetti originari, compresi gli spazi esterni, che fanno parte integrante dell’originalità dei progetti. La permanenza delle funzioni permette ancora oggi di "leggere" i progetti e le realizzazioni che hanno dato concretezza nel tempo a questo modello sociale e culturale, oltre che industriale/urbano, del tutto inedito. Si parte dalle originarie Officine Olivetti del 1896 per passare ai successivi ampliamenti e collegamenti sorti fra il 1939 e il 1962, agli edifici che ospitavano il Centro Studi ed Esperienze e la Centrale Termoelettrica, a quelli della mensa, dei servizi sociali e dell’asilo nido, alle case del Borgo Olivetti e del Quartiere Castellamonte, ai due Palazzi Uffici, e all’Unità Residenziale di Ivrea Centro.
Per Ivrea il lavoro inizia soltanto ora. Si tratta di trasformare l’ingresso nella list dell’Unesco in situazioni tangibili, ovvero creare nuove opportunità turistiche, a cominciare dalla messa in rete di tutto il patrimonio culturale e ambientale che caratterizza città e dintorni. Il prossimo step dovrebbe essere la creazione di un visitor center adeguato al nuovo profilo assunto dalla città. Visita il sito dedicato: www.ivreacittaindustriale.it
Riccardo Caldara
Twitter @riccardocaldara