È stato presentato il rapporto “Io sono cultura” 2018: spiccano i segnali positivi in ambito occupazionale e turistico
“Parlare di cultura vuol dire parlare di industria culturale e creativa e di conseguenza, come dimostrano i dati presentati oggi nel rapporto annuale di Symbola, significa parlare di lavoro, risorse e qualità della vita”. Lo ha dichiarato il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Alberto Bonisoli, intervenendo alla presentazione del rapporto “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” 2018, curato congiuntamente da Fondazione Symbola e Unioncamere.
In Italia ci sono 414.701 imprese (il 6,7% sul totale delle attività economiche del Paese) riconducibili al Sistema produttivo culturale e creativo che si articola in: industrie creative, culturali, patrimonio storico-artistico, performing arts e arti visive e imprese creative-driven. In sintesi tutte le attività economiche che producono beni e servizi culturali a cui si aggiungono quelle che pur non rientrando in questa categoria, utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti.
I dati di quest'anno presentati a Roma lo scorso 21 giugno sono positivi: il sistema produttivo culturale e creativo (imprese, Pa e no profit) genera oltre 92 miliardi di euro senza contare il beneficio raccolto dagli altri settori dell'economia - turismo in primis - quantificato in 255 miliardi e mezzo, equivalenti al 16,6% del valore aggiunto nazionale. Si calcola che più di un terzo della spesa turistica nazionale (il 38,1%) deriva proprio dalla cultura e dalla creatività. E l'occupazione? La risposta è altrettanto confortante: 1.520.000 milioni di occupati nel sistema culturale e creativo pari al 6,1% dei lavoratori in Italia e +1,6% rispetto al 2017.
Sono in aumento le imprese femminili: 52.297 (il 18% delle imprese del Core Cultura), in crescita dello 0,3% rispetto al 2016, per il 53,9% dei casi dedicate all'editoria e per il 18,8% alla comunicazione. Le attività gestite dai giovani sono il 7,7% del totale (39,6% nell’editoria, il 18,7% nella comunicazione) mentre quelle condotte da stranieri (3,8% del totale) risultano in crescita del +2,7% rispetto al 2016.
Il lavoro nel settore culturale – ha proseguito il ministro - c’è e sta crescendo e non è banale che riguardi in particolare giovani in possesso di un titolo universitario. Questo è ancora più importante in prospettiva futura, se si considera che le professioni creative e le capacità umane saranno ancora più valorizzate in un contesto dove robotica e intelligenza artificiale difficilmente potranno sostituirsi all’uomo. Le risorse pubbliche – ha aggiunto il ministro - devono sostenere di più l’industria strettamente culturale, meno sviluppata di quella creativa ma altrettanto importante come dimostra il valore generato dal settore. La ripresina degli ultimi anni è stata trainata dall’export, in gran parte costituito da prodotti dell’industria creativa, e dal turismo in entrata, che nel nostro Paese ha ragioni prevalentemente culturali. La qualità della vita - ha infine concluso il ministro - può e deve migliorare grazie allo sviluppo del settore culturale, soprattutto nei centri dell’Italia del patrimonio diffuso che sono al di fuori dei grandi circuiti turistici”.