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Il presidente di Federturismo – Confindustria: un settore che vale 160 miliardi, ma l'Italia va avanti per inerzia e si affida a troppi enti. Servono politiche culturali nazionali

Il turismo vale il 10% del Pil, potrebbe trainare la crescita dell'Italia, ma resta al palo. Ha le potenzialità per diventare "la gallina dalla uova d'oro del Paese", ma secondo gli operatori del settore manca una politica industriale organica che possa spingere la crescita. In compenso ci sono così tanti sprechi che una spending review non correrebbe "il rischio di tagliare germogli promettenti".
A fare queste dichiarazioni, in un intervista per l'agenzia di stampa Adnkronos, è stato Renzo Iorio, presidente di Federturismo – Confindustria, la cui associazione ha diffuso i dati del proprio Osservatorio secondo cui nel primo semestre 2014 sono arrivati nel nostro Paese 35,6 milioni di stranieri (+2% su base annua) che, con una spesa pro capite di 414 euro, hanno generato un giro di affari di 14,7 miliardi di euro. Proprio pochi giorni fa, lo stesso Iorio aveva ribadito di fronte a Franceschini la necessità di riformare il Titolo V della Costituzione.
Il fatturato annuale del turismo, compreso di indotto, è di 160 miliardi di euro e nel settore lavorano 2,3 milioni di persone, ha spiegato Iorio. Numeri giganti che potrebbero "raddoppiare" se solo si premesse sull'acceleratore, è la convinzione espressa dal presidente di Federturismo – Confindustria.
Accelerare significa "investire in politiche culturali che valorizzino il paesaggio come uno degli asset principali della crescita", mentre fino ad oggi più che sulla crescita si è lavorato per "inerzia": forte delle sue bellezze, l'Italia ha rinunciato ad avere una visione complessiva del problema-turismo ed è andata avanti giorno per giorno, perseguendo politiche localistiche. "Per la promozione turistica le regioni spendono complessivamente 600-700 milioni di euro all'anno e si affidano agli oltre 13mila enti che in Italia si occupano di promozione". Impossibile, così, fare sistema, secondo Renzo Iorio, soprattutto alla luce dei troppi sprechi. Per questo Iorio auspica una "sacrosanta" spendig review e non vede "il rischio di tagliare germogli promettenti". Le Regioni che coltivano i loro interessi sbagliano, ma anche le imprese che si ostinano ad avere una "dimensione locale" rinunciano a moltiplicare le entrate perché non si affidano a marchi internazionali, sinonimo di qualità.

 

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