L’aumento dell’Iva per gli abbinamenti editoriali scatena le proteste delle associazioni della Filiera della Carta, che in un comunicato accusano: penalizzato un settore in crisi che avrebbe bisogno di interventi di sostegno
L’aumento dell’Iva dal 4 al 21% per tutti gli abbinamenti editoriali (i classici gadget, ma anche i beni che integrano e sono di complemento a libri, quotidiani e periodici e sono pertanto funzionali al loro utilizzo) è un provvedimento illogico, che danneggia i consumi culturali e che ostacola l’integrazione tra i media e l’innovazione: questo il giudizio comunicato dalle otto associazioni che compongono la Filiera della Carta – Acimga, Aie, Anes, Argi, Asig, Assocarta, Assografici e Fieg – sull’articolo 19 del Decreto Legge n° 63/2013, attualmente in fase di conversione, che prevede appunto un incremento dell’Iva dal 4 al 21% sugli abbinamenti editoriali a quotidiani, periodici e libri.
“Invece di adottare delle misure di politica industriale, si penalizza una filiera che vive uno stato di profonda crisi e che ha bisogno di interventi volti a sostenere la lettura come la detassazione dell’acquisto di libri e di giornali, di incentivi all’innovazione e all’acquisto della carta, oltre che di interventi di tutela dei contenuti editoriali”, scrivono in una nota le otto associazioni. Che lo scorso 10 aprile 2013 hanno presentato le proprie proposte al Senato della Repubblica, da dove non sono però giunte risposte.
La filiera della carta rappresentata dalle otto associazioni può contare su un’occupazione diretta di 213.000 addetti nel 2012 (erano 250.000 nel 2007), ovvero quasi il 5% dell’occupazione complessiva; al calcolo vanno poi aggiunte altre 527.000 unità occupate nell’indotto. Nel 2012, tuttavia, la filiera ha patito le difficoltà imposte dal quadro economico generale, realizzando un fatturato di circa 32,9 miliardi di euro (9 miliardi in meno rispetto ai 42 miliardi del 2007), in riduzione del 7,9% rispetto al 2011 soprattutto a causa della sensibile contrazione nei settori della stampa e dell’editoria per il calo delle vendite e della pubblicità.
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