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Dopo aver spento un paio di notifiche della sveglia, sullo stesso smartphone sono già arrivate le newsletter del mattino: Prima Ora del Corriere, la Cucina de LaStampa, Il Foglietto, Good Morning Italia. E poi si comincia con i giornali, le notizie che nell’epoca del digital first non vengono da te, ma bisogna decidere di sfogliare, sul telefono.

Il caffè sta uscendo mentre spalmo la marmellata, le chat tintinnano, su Facebook c’è il live di Circo Massimo, Prima Pagina, il Gr3, Pagina Tre. Questo schema era, a grandi linee, la stessa colazione mediatica, anche prima del 21 febbraio, quando il virus è arrivato a Codogno. In questi giorni, oltre la mirabile creatività delle pagine dello sport che non scrivono di sport, ma di policies e ricordi dello sport, è quasi un sollievo leggere di municipali francesi, bisticci tra i fratelli Windsor, deputati neonazi in Germania. Tutto questo fino ad adesso, quando sul telefono sono arrivate le notifiche con Trump che pare aver compreso e annuncia il bazooka della Fed, Boris Johnson inizia a chiudere pub e scuole, il consiglio Europeo con tutti i primi ministri collegati dall’interno dei propri confini, ripristinati come in un’antica Europa pre Schengen.

Eccoci, il virus si è preso le nostre vite, è diventato il solo topic, è dentro di noi, siamo noi. E allora la giornata prosegue e siamo attaccati ai grafici: quando arriva il picco? è oggi, domani, tra una settimana? Fino alle 17, quando c’è il tragico bollettino degli ospedali che arriva da Bergamo e tutte le zone protette d’Italia. E no, è ancora troppo presto per avere buone notizie.

E allora come ci stiamo comportando nella prima grande tragedia che viviamo nel nostro isolato? Gli italiani, oltre che spiritosi con i cani finti e gli spettacoli sui balconi, sono generosi. Ci sono le gare di solidarietà, il primo è stato Re Giorgio Armani, poi Chiara Ferragni e Fedez, i Lavazza, gli Agnelli, anche Berlusconi, insieme a migliaia di donatori attraverso le sottoscrizioni RCS, Specchio dei Tempi, Vanity Fair, le centinaia di associazioni.

Ma noi, impareremo qualcosa? Questa settimana il New Yorker ha pubblicato una delle sue leggendarie vignette con il disegno di uno smartworker che dalla sua postazione casalinga è colto da una rivelazione “oh mio dio quelle riunioni veramente potevano tutte essere e-mail?”. Ecco, anche noi di Mailander stiamo iniziando a capirlo e facciamo questi grandi brain storming in video chat, entrando nelle case dei nostri colleghi e portando avanti il lavoro al tempo del Coronavirus. Se pensiamo veramente, credendo alle profezie come il saggio Spillover di David Quammen, che la pandemia sia il ribellarsi della terra alla nostra violenza sulla natura, allora il business, cioè il mondo del lavoro, potrà dare una grande mano al pianeta per prevenire le malattie del futuro. E torneremo a muoverci solo per conoscere, a viaggiare solo per necessità, solo per le vacanze. E torneremo a leggere le buone notizie.

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