Secondo uno studio, i nostri comportamenti energetici sono condizionati e condizionabili da chi ci è più vicino. Perché non sfruttare questi meccanismi per affrontare la crisi climatica?
A quanto pare, le nostre scelte in ambito energetico non sarebbero davvero nostre, ma dipenderebbero in larga misura da chi ci sta accanto - fisicamente e non. È questo l’interessante punto di vista emerso da un articolo uscito qualche settimana fa su Nature – una delle più antiche ed importanti riviste scientifiche esistenti nonché punto di riferimento per la comunità scientifica internazionale insieme a Science – intitolato “Peer influence on household energy behaviours” e firmato da Kimberly S. Wolske, Kenneth T. Gillingham e P. Wesley Schultz.
L’articolo passa in rassegna una serie di studi condotti in più discipline (nell’articolo vengono citate in particolare economia, marketing, sociologia e psicologia). Ciò che emerge è che i cosiddetti pari – che per le scienze sociologiche rappresentano un gruppo di persone accomunate da caratteristiche similari come l’età, la frequentazione delle stesse scuole o degli stessi ambienti di lavoro o le attività del tempo libero comuni – sembrerebbero avere un peso notevole nella definizione dei comportamenti legati all'energia e addirittura determinerebbero quanta energia le persone usano, quando e dove la usano e anche il modo in cui gli individui rispondono alle sollecitazioni positive. “In alcuni casi, queste influenze sociali hanno più peso dei costi da sostenere o di considerazioni sull’effettiva convenienza ed efficacia” scrivono gli autori dello studio.
Sarà capitato a tutti di notare, guardando fuori dal finestrino durante un viaggio in treno, come i pannelli solari siano concentrati in alcune zone e completamente assenti in altre. Ebbene, se fino a prima di questo articolo avremmo potuto ipotizzare che la cosa dipendesse dalle capacità delle reti di vendita locali, adesso potremo sostenere di avere sotto gli occhi l’esito dell’influenza reciproca che si sviluppa all’interno di un gruppo di pari.
Diversi studi hanno infatti dimostrato che le possibilità che un individuo decida di installare i pannelli solari di cui sopra, ad esempio, aumentano all’aumentare del numero di pannelli installati nel suo stesso quartiere o regione: l’articolo di Nature riporta i risultati di una ricerca condotta in California secondo cui, per ogni installazione aggiuntiva di impianti fotovoltaici in una certa area (in questo caso identificata dallo stesso codice postale), la probabilità di un’altra installazione aumenti dello 0,78%. E questo stesso “effetto codice postale” – se così vogliamo chiamarlo – pare sia stato rilevato anche nel Regno Unito. Un altro lavoro citato, invece, mostra come il peso dei pari sia tanto più forte quanto le varie installazioni siano più vicine nello spazio e nel tempo, mentre diminuisca all’aumentare della loro distanza spazio-temporale.
Affascinante e, purtroppo, non ben spiegabile: come e perché questi fenomeni si verifichino, infatti, non è ancora del tutto chiaro. Nell’articolo vengono proposte due possibili linee esplicative: la prima riguarda la comunicazione interpersonale e la persuasione, che possono includere l’osservazione passiva delle scelte energetiche altrui (come il notare i pannelli solari sul tetto del vicino di casa), il passaparola e l’influenza da parte di coloro che vengono considerati leader di fiducia della comunità; la seconda si riferisce alle cosiddette normative sociali, cioè credenze soggettive relative a comportamenti considerati come maggiormente accettati dagli altri che vengono improvvisamente adottate come veri e propri standard condivisi e che arrivano a limitare e a guidare le azioni all’interno di un gruppo.
Ciò che invece appare cristallina e incontestabile è la “classifica” della forza delle modalità di influenza da parte dei pari. Com’è facilmente intuibile, il confronto diretto attraverso la conversazione ha molto più peso rispetto a quello passivo derivante dall’osservazione, e il parere di un individuo autorevole è molto più influente di quello di un vicino qualunque. La forza maggiore è però detenuta dalle opinioni pregresse: si tratta del famoso confirmation bias teorizzato dallo psicologo Raymond Nickerson, quel fenomeno cognitivo umano per il quale le persone tendono a muoversi entro l’ambito delimitato dalle proprie convinzioni acquisite e per il quale non vedremo mai un odiatore di ambientalisti installare un pannello solare sul tetto, neppure se abitasse nello stesso isolato del Presidente della Repubblica e glielo consigliasse lui in persona, e ovviamente neanche a fronte di un possibile dimezzamento della bolletta. In ogni caso, l’efficacia delle diverse modalità di influenza dipende molto da quanto impegno richiederebbe la modifica del comportamento: abbassare di un paio di gradi la temperatura del termostato è meno oneroso rispetto al passare a un veicolo con motore elettrico, quindi nel primo caso è più facile che l’influenza di un pari abbia effetto.
A questo punto, come diceva il caro Antonio Lubrano anni fa, “la domanda sorge spontanea”: quanto queste informazioni possono tornare utili nell’era dell’attivismo per il climate change? Secondo noi, molto.
L’uomo, da quando è comparso sulla Terra, è sopravvissuto anche grazie all’emulazione. Probabilmente, il motivo per cui su alcuni nostri dessert oggi troneggiano i mirtilli è che qualche migliaio di anni fa un esemplare di Homo Sapiens avrà visto un suo simile mangiare quelle bacche stare bene, e da allora gli esseri umani non hanno mai smesso di farlo.
È estremamente probabile che anche i comportamenti che hanno generato la crisi climatica odierna siano frutto di emulazione – chissà perché a un certo punto la maggior parte delle famiglie che vivono in una città ha sentito l’impellente necessità di possedere un SUV? – ma la buona notizia è che potremmo sfruttare questi stessi meccanismi per affrontarla.
Gli sforzi per modificare i modelli di domanda di energia solitamente si rivolgono alle persone come individui isolati, ignorando il fatto che il consumo energetico avviene per lo più in posti come casa, luogo di lavoro e punti di aggregazione dove già esistono complesse reti di relazioni sociali. Alla luce di quanto emerso da questo studio, chi vuole diffondere una cultura più attenta all’ambiente e promuovere tecnologie green dovrebbe iniziare a coinvolgere nella propria missione le persone comuni che le hanno già adottate – che, per altro, risultano anche più credibili perché non hanno interessi finanziari nella loro diffusione.
Si dice che un singolo possa fare la differenza, e ora sappiamo che una serie di studi lo dimostrano. Per salvare il Mondo ciascuno di noi può fare la propria parte, nel proprio piccolo, e dare il buon esempio.
Iniziamo a rimboccarci le maniche.
Teresa Principato
Twitter @teresa_pr