Per affrontare Expo, l'Italia o i piccoli territori coinvolti nell'esposizione dovrebbero prima di tutto soffermarsi sul concetto di identità territoriale. L'Italia è fatta da tanti territori che vanno ben al di là dei confini geo-politici classici, e ognuno di questi ha la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi usi e addirittura la sua lingua. Tutte queste particolarità che caratterizzano i singoli territori nella vita quotidiana portano alcune difficoltà legate ai tanti accenti differenti, ai pregiudizi e alle diversità geo-morfologiche.
Sebbene l'Italia abbia bisogno di essere un po' più unita politicamente, turisticamente questa divisione va invece a caratterizzare dei differenti prodotti turistici che sono interessanti proprio perché differenti l'uno dall'altro per via di diversi stili eno-gastronomici, diversità architettoniche e climatiche.
Arrivati a questa consapevolezza, ossia che ogni territorio ha bisogno delle sue particolarità e che puntare proprio su queste può costituire il nuovo punto di forza e di partenza per la creazione di un'attrattiva turistica bisogna dirigersi verso l'adozione di una nuova politica gestionale che spesso è difficile da comprendere per parecchi degli addetti ai lavori: la collaborazione. Questo è, tristemente, un problema generale, relativo a tutto il nostro Paese.
Collaborare per promuoversi, collaborare per completarsi e collaborare per guadagnare, per sviluppare la comunità territoriale che vende e attrae sulla base del suo patrimonio culturale ereditario, sconosciuto e mal governato fino a oggi: questo sarebbe il sogno. Lo stesso discorso viene ampiamente condiviso dal progetto portato avanti da Federalberghi con la pubblicazione "il Turismo lavora per l'Italia" in cui vengono espressi i medesimi concetti suggerendo l'adozione di un distretto turistico o polo, poiché bisogna ricordare che oggi "la competizione turistica si esercita in termini di confronto tra destinazioni prima ancora che tra imprese". Federalberghi vorrebbe "una sorta di imprenditore collettivo, una rete di alleanze fondate sulla prevalenza degli aspetti cooperativi".
In seconda battuta sarebbe utile anche aprire decisamente gli occhi. La voce "Made in Italy" è una delle più cliccate su Google (vedi sito e investimento di Google in persona su "Eccellenze in digitale"), abbiamo contribuito alla formazione del patrimonio culturale mondiale forse più di chiunque altro, abbiamo grandi aziende di moda, di manifattura, siamo stati dei grandi imprenditori, ma adesso è giunto il momento di aprire gli occhi e guardarci intorno: l'Italia ha dalla sua un territorio geo-morfologico pari a nessun altro e una cultura manifatturiera ed eno-gastronomica impareggiabile, riconosciuta a livello mondiale. Questo è quello che abbiamo per uscire dalla crisi e questo è quello che, collaborando, potrà portarci a un nuovo sviluppo sano, sostenibile e duraturo. Tutto ciò sempre senza dimenticare di lasciar perdere le logiche arriviste e affaristiche degli anni scorsi, i clientelismi e i favoritismi connessi alla assoluta non collaborazione che hanno contribuito in maniera determinante ad allontanare il Paese dal benessere.
Arrivando al dunque, l'Italia ha bisogno di riscoprire i suoi valori rurali, la sua cultura contadina e quindi tutto quel cosiddetto patrimonio intangibile fatto di feste patronali, usi e costumi storici intrisi di reperti artistici diffusi su tutto il territorio. I nuovi prodotti turistici hanno bisogno di particolarità, di unicità, cultura e storia unite a bellezze geo-morfologiche vissute in contesti rurali. C'è bisogno del cosiddetto "valore aggiunto" dell'esperienzialità che è praticamente un requisito di serie nei territori italiani. Non dimentichiamoci che ci stiamo rivolgendo ai nuovi turisti, ai turisti dei Paesi emergenti, quindi non soltanto ai BRICS (visto l'arresto degli ultimi tempi) ma agli emergenti di oggi e domani: pochi problemi di soldi e molto da chiedere. E quindi non basta avere tutti i comfort, anche perché i territori, in tal senso, avrebbero parecchio da fare, ma la competizione per nostra fortuna, negli ultimi tempi, si è spostata a nostro vantaggio, andando a interessare aree attrattive connesse alla necessità di portare a casa un ricordo, un esperienza di vita tipica del luogo visitato.
Dare un motivo a un viaggiatore, fornirgli un esperienza da portarsi a casa, nei nostri territori non è difficile, offrire ai turisti i nostri prodotti tipici e fargli vivere una festa patronale, soggiornando in un Trullo basterebbe a creare un esperienza senz'altro innovativa e attrattiva.
La vera sfida di questo nuovo processo è prima di tutto: crederci.
Flavio Roberto Albano, autore di "Turismo & Management d'Impresa"
Twitter @FlavioRobAlbano
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