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In venti mesi, la paura e la preoccupazione hanno lasciato il posto a un misto di rassegnazione e di abitudine. Dopo quella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, per lunghe e tremende settimane gli occhi di tutto il mondo rimasero puntati su un puntino del Mediterraneo, un’isola che pochi – anche in Italia – conoscevano, confondendola con la più nota Elba. Venti mesi fa, tutti impararono a conoscere l’Isola del Giglio, il suo porto, lo scoglio (chiamato appunto Le Scole) contro cui la Costa Concordia si era scontrata, provocando uno dei naufragi più drammatici della storia moderna.

Tutti impararono anche a conoscere i gigliesi: da quella notte, in cui svegliati dallo schianto in molti fecero il possibile per aiutare i soccorsi, ai mesi successivi, quando il migliaio circa di abitanti dell’Isola compariva in telegiornali e programmi d’approfondimento per chiedere garanzie per il presente ma soprattutto per il futuro. Al Giglio, del resto, l’economia si regge da decenni sul turismo: ristoranti, bar, alberghi, case vacanza, quasi tutti dal Porto a Campese passando per Castello hanno interesse a che il mare intorno all’isola resti cristallino come è sempre stato, attirando turisti dall’Italia e dal mondo.

Questa mattina, dopo un anno e otto mesi, sono iniziate le operazioni di raddrizzamento del relitto della Costa Concordia. La nave è imbragata con 36 cavi di acciaio, e per riportare in piedi lo scafo i cavi dovranno essere tirati circa 21 metri, 3,5 metri per ogni ora in modo da effettuare un’azione che non rischi di compromettere l’integrità del relitto, rimasto sdraiato davanti al porto gigliese per tanti mesi. Negli scorsi mesi sono stati eseguiti alcuni importanti interventi preliminari indispensabili per il recupero del relitto, come i sondaggi del fondale marino (per definirne con precisione la composizione e la consistenza) e la costruzione di ancoraggi per la messa in sicurezza eseguiti da aziende italiane come Trevi, Micoperi e Sisgeo.

Qualche rischio ancora c’è, il prefetto Gabrielli ha parlato dell’“operazione navale più complicata della storia”, qualche gas o liquame inquinante potrebbe ancora uscire, nonostante le precauzioni e le operazioni compiute precedentemente. Ma i gigliesi, oggi, sembrano non avere più la forza di preoccuparsi.

“La mia impressione è che i gigliesi, a parte quelli direttamente coinvolti nelle operazioni, siano quelli che ne sanno di meno. Diciamo che ormai siamo stanchi, non ci facciamo più caso...” mi spiega mio fratello Giuseppe, torinese di nascita e gigliese d’adozione da qualche anno, da quando ha deciso di prendere casa qualche metro prima di “Da Mario di Meino”, il ristorante di Fabrizio Mattera – gigliese DOC – dove lavora come cuoco.

“Da qualche giorno giornali e telegiornali hanno ricominciato a parlare del Giglio e della Concordia. Ma se allora appena sentivamo parlarne ci allarmavamo, oggi le notizie passano senza che ci facciamo caso più di tanto. Ci siamo abituati”. Con l’inizio delle operazioni di raddrizzamento, il Porto tornerà quasi al trambusto di quelle prime settimane, quando anche per gli abitanti era difficile districarsi tra forze di polizia, operatori e mass media. Oggi, poi, le corse dei traghetti tra l’isola e Porto Santo Stefano sono quasi del tutto ferme. E in questo senso, un po’ di fastidio per i gigliesi ci sarà.

Ma dopo due anni la Costa Concordia “è diventata quasi parte del paesaggio, non ci si fa caso più di tanto”. Tuttavia, l’impressione è che questa sorta di indifferenza, di paura trasformata in abitudine, sia una sorta di “rimozione” – solo metaforica e mentale, in questo caso. Nell’estate 2012, la prima del dopo-Schettino, l’ospite ingombrante adagiato davanti al porto ha fatto la sua parte: attirando frotte di turisti del macabro, che arrivavano, si facevano una foto vista relitto come fossero davanti alla Torre di Pisa e tornavano indietro al massimo dopo un pranzo al Porto; ma tenendo lontani i turisti veri, gli italiani (già colpiti dalla crisi economica) e gli stranieri, spaventati da rischi remoti e turbati da una presenza così vicina. Il bilancio turistico della scorsa estate fu quindi drammatico, e forse allora ebbe inizio il processo di rimozione psicologica della Concordia dalle menti dei gigliesi. Troppo grande, probabilmente, la paura di aver perso in maniera irrimediabile il proprio equilibrio ambientale, e quindi il proprio patrimonio.

Quest’estate 2013, ad ogni modo, la ripresa c’è stata: “Una cosa che ho notato in questi mesi è la crescita del numero di stranieri. Gli italiani ancora sono stati un po’ pochi, ma ci sono stati moltissimi stranieri per tutta la stagione. In particolare molti russi, che qui prima si vedevano raramente”. Il Giglio, insomma, è stato un po’ come il resto d’Italia.

Ma dopo? Che cosa si aspettano i gigliesi da oggi all’inizio della prossima stagione turistica? “Be’, per l’operazione di raddrizzamento siamo abbastanza tranquilli, non ci dovrebbero essere troppi rischi a livello ambientale, a quanto ne sappiamo. Però non è che da domani la Concordia non c’è più ed è tutto finito: ci vorranno ancora mesi e mesi prima di poter metterci tutto alle spalle”.

Se non altro questa sarà stata l’ultima stagione turistica con il relitto: “Sì, forse, vedremo...”, come a dire che abituarsi non vuol dire farsi troppe illusioni, ma sperare sì.

 

Claudio Pizzigallo - Marketingdelterritorio.info

Twitter: @pizzi_chi

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