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La sentenza di condanna è già stata emessa. Inappellabile, e soprattutto personale: Massimo Bray è inadatto (“unfit”, direbbe forse The Economist riprendendo un titolo di qualche anno fa) a svolgere il ruolo di ministro dei Beni Culturali e del Turismo.

Non va bene, non ha le competenze ed è la persona sbagliata nel posto sbagliato, dicono molti commentatori, compreso un insolitamente tranchant Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera.

mktgChiariamoci: può anche darsi che il neo ministro non passi alla storia come colui che ha salvato una volta per tutte la cultura e il turismo italiani. Tuttavia, forse, le questioni su cui dibattere sono altre, rispetto al (pre)giudizio sulla persona Massimo Bray.

Tra i commenti, le lettere aperte e i tweet infuocati, per esempio, non sembra trovare lo spazio un dubbio, che noi ci siamo posti e che abbiamo girato a chi dialoga con noi su Facebook e Twitter: accorpare (come già in passato) Turismo e Cultura in un unico ministero è una scelta vincente o un’altra scommessa persa?

Qualcuno ci ha risposto che, in sostanza, la nostra è una domanda retorica, perché “che siano insieme o no, è assolutamente ininfluente” se a dirigerle è una persona di valore in grado di far funzionare la macchina. Vero, verissimo, però… Però tra la teoria e la pratica c’è una bella differenza. E la pratica, o meglio l’esperienza del passato, ci insegna che, al di là delle persone che hanno ricoperto il ruolo di ministro, il dicastero misto cultura-turismo ha portato risultati tutt’altro che esaltanti.

Forse questo è successo perché, riprendendo una delle critiche indirizzate a Bray (ex direttore della Treccani), i ministri incaricati hanno sempre avuto elevata considerazione della cultura e scarsa attenzione al turismo, che in un certo senso rappresenta il volto commerciale dell’industria culturale ma che proprio per questo viene considerato di basso interesse intellettuale. Troppe volte, in passato, ci si è dimenticati che l’abusato detto “con la cultura non si mangia” è vero solo fino a quando la cultura viene considerata una realtà isolata e cristallizzata da non “sporcare” con il vil danaro; come se, per fare un esempio, si temesse che il sorriso della Gioconda si incrini ogni volta che qualcuno paga il biglietto d’ingresso al Louvre.

Chi, come noi, lavora nel marketing territoriale ha compreso da molto tempo che ragionare a compartimenti stagni è intrinsecamente sbagliato. Perché è dall’unità e non dal frazionamento (di enti promotori, di realtà locali, di competenze) che nasce la forza di un’azione in grado davvero di smuovere gli stagnanti equilibri attuali (e passati). Il marketing del territorio è proprio il lavoro di chi “mette a sistema” realtà ed esperienze diverse: musei, amministrazioni locali, associazioni di categoria, fondazioni, e in generale chi si occupa di cultura e chi si occupa di turismo, con l’obiettivo quotidiano di fare una massa critica più grande della somma dei suoi singoli componenti. In questo senso, non possiamo che condividere l’idea di chi, su Facebook, ha aggiunto un’opzione di risposta al nostro sondaggio, suggerendo l’istituzione di un “Ministero del Territorio” che unisca sforzi e competenze di turismo, cultura, ambiente e infrastrutture locali.

“Per questo dobbiamo rilanciare il turismo e, soprattutto, attrarre investimenti. Rimuoviamo quegli ostacoli che fanno sì che l’Italia per molti non sia una scelta di vita. Questo significa puntare sulla cultura, motore e moltiplicatore dello sviluppo, o sulle straordinarie realtà dell’agro-alimentare. Questo significa valorizzare e custodire l’ambiente, il paesaggio, l’arte, l’architettura, le eccellenze enogastronomiche, le infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali”: così si è espresso il nuovo presidente del Consiglio, on. Enrico Letta, durante il discorso alla Camera.

Condividiamo anche questa dichiarazione d’intenti, dunque, e sospendiamo momentaneamente il giudizio sulle singole persone: non tanto per prudenza, quanto per la speranza che, questa volta, le parole su cultura e turismo prendano la forma di un discorso completo e integrato, da mettere finalmente in pratica.

 

Il Direttore

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