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“Un uomo si propone di disegnare il mondo. Nel corso degli anni popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di vascelli, di isole, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto”

Jorge Luis Borges

Francesco Corni è stato tra i migliori interpreti italiani dell’arte del disegno nelle ultime quattro decadi. Durante l’ultimo quarto del XX secolo, in anni in cui il mondo dell’arte tendeva a rigettare la formazione accademica basata sui classici corsi di disegno per privilegiare la tendenza al concettuale, l’attività dei disegnatori è stata spesso confinata alle specialità tecniche, all’illustrazione per l’editoria, alla pubblicità e al fumetto. Con il passare del tempo, i maestri del fumetto e i grandi illustratori hanno ottenuto sempre maggiori e meritati riconoscimenti e certamente il disegno dell’architettura non ha mai smesso di affascinare il pubblico (dell’archistar Aldo Rossi sono forse più celebrate le opere grafiche che gli stessi progetti realizzati), ma è molto più raro che i disegnatori di origine tecnica e didattica siano emersi dall’ombra. In questo contesto Corni rappresenta un’eccezione luminosa.

Esplorando le scenografiche vie di Torino, il primo incontro con l’opera di Francesco Corni appare come una vera e propria rivelazione e così è stato per chi scrive. Sul finire degli anni ’90 (all’epoca frequentavo la facoltà di Architettura) ho visto sorgere accanto all’ingresso dei più significativi edifici della città pannelli metallici su cui ancora oggi si leggono incise le storie di quei luoghi, ma soprattutto si osservano fantastici disegni dove, a partire dai più piccoli dettagli, si ricompone la forma e la struttura dell’intera costruzione. Disegni tanto efficaci da svelare l’idea progettuale e il funzionamento delle architetture in modo incredibilmente sintetico e completo. Palazzi barocchi, anfiteatri romani, chiese gotiche, castelli medioevali sono tagliati, sezionati e capovolti per poterne ammirare le parti interne e comprenderne la composizione generale. La ricostruzione di ogni edificio ha quasi la fisicità di un modello in miniatura e amplia la percezione di chi osserva molto oltre la bidimensionalità della superficie. La firma di quei disegni è quella di Francesco Corni.

Purtroppo Francesco Corni ci ha lasciato da poche settimane, ma rimangono le sue pubblicazioni e un importante archivio di opere grafiche che testimoniano la sua ricchissima attività professionale e artistica. Corni era originario di Modena, torinese d’adozione, residente a Strambino e assiduo frequentatore della Valle d’Aosta. Ha imparato il mestiere del disegnatore come assistente dell’archeologo svizzero Charles Bonnet: l’accuratezza dei rilievi dei vari strati di terreno che si scoprono negli scavi archeologici è uno strumento fondamentale per comprendere epoche remote e recenti; dunque il disegno in primo luogo costituiva per Corni un metodo per indagare e ricostruire mondi scomparsi e in continua mutazione attraverso i secoli. Ha collaborato con le Sovrintendenze ai Beni Culturali di molte regioni e comuni italiani e pubblicato le sue tavole sulle pagine di riviste dedicate all’arte e al patrimonio storico (Bell’Italia, Bell’Europa, Meridien). Tra le sue pubblicazioni più significative vanno ricordati i volumi Torino Capitale (2011) e Atlante Cisalpino (2012): il primo dedicato alle fasi storiche dell’evoluzione urbana di Torino, il secondo alle città di fondazione romana dell’Italia settentrionale. I circa 4000 disegni eseguiti in più di 40 anni di carriera illustrano porzioni di territorio, città, villaggi e singoli edifici ubicati in Italia e nelle altre nazioni europee, risalenti a epoche che vanno dal Paleolitico al XX secolo.

Nel suo procedere sistematico, Corni appare oggi come un grande artigiano che per completare la propria opera studia il reale con l’approccio scientifico di un ricercatore e il pragmatismo di un ingegnere, metodo forse influenzato dalle indagini sulla natura di matrice rinascimentale e in particolare leonardesca. La ricerca di Corni si è spinta molto più lontano della semplice esecuzione tecnica: svelando l’architettura di un edificio dopo averne analizzato ogni aspetto, Corni ricostruisce un’immagine che include lo stile di vita delle popolazioni che pensarono e vissero quegli edifici, così come le loro relazioni sociali e politiche. In una sola tavola si possono ammirare in prospettiva tanto i magnifici archi della cattedrale di Notre-Dame, quanto lo scalpellino nell’atto di sbozzare le pietre che comporranno il rosone. In un’altra sua illustrazione osserviamo le volte in sezione di palazzo Cavour a Torino e contemporaneamente possiamo esplorare le stanze dove visse il Conte, con tanto di specchiere e caminetti.

Le tavole del disegnatore modenese sono tutte rigorosamente eseguite a mano con la tecnica dell’inchiostro nero di china su carta da lucido (rapidograph per gli elementi strutturali, pennino per quelli naturali) e presentano uno stile simile a quello della ligne claire (dal francese, nel senso di “linea netta”), contraddistinto da un tratto preciso, pulito, sottile ed elegante. Alcune celebrate scuole di fumetto hanno reso popolare la ligne claire, ad esempio quella belga che fa riferimento a Hergé, il padre di Tin Tin.

Chi osserva le opere di Corni rimane incantato dalla complessità del reticolo di linee che ricostruiscono cattedrali, templi romani e regge barocche: da un lato i suoi disegni tendono quasi all’astratta razionalità di un modello ideale, dall’altra rispecchiano la realtà con un’attenzione maniacale per le tecniche costruttive originali e la veridicità del dettaglio. L’effetto è quello di un’allucinata iperrealtà, dove l’occhio si abbandona alla scoperta di un mondo minuziosamente ricostruito dall’artista, fino a naufragare in questo universo parallelo fatto di regole coerenti e livelli narrativi perfettamente incastrati gli uni negli altri. Corni infatti non si limita alle sole architetture isolate, anzi nel suo sforzo di replicare epoche passate rappresenta il singolo edificio come un elemento da inserire nella scala urbana e territoriale: un vano scale è un sottosistema del palazzo, il palazzo è un sottosistema della città, così come la città è un sottosistema del territorio. L’abilità straordinaria di Corni sta proprio nel rendere questi diversi livelli comprensibili con un solo colpo d’occhio sintetico e allo stesso tempo concede all’osservatore il privilegio di smarrirsi in ogni singolo elemento. La vertigine che provoca questo gioco è talmente intensa da far immaginare che esso possa proseguire ben oltre la rappresentazione grafica, fuori dai confini del foglio, in uno spazio illimitato.

Francesco Corni può essere considerato un artista nel senso pieno del termine proprio per la sua percezione, interpretazione e restituzione disegnata del mondo, un intreccio di linee nere che compongono la fitta trama di un labirinto senza fine.

 

 

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