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Paseo del Prado a La Habana, Cuba

Riflessioni e dubbi al ritorno da un viaggio atteso per una vita

Tra le infinite decisioni prese in vista del matrimonio, quella sulla destinazione del viaggio di nozze è stata una delle più semplici per mia moglie e me: Cuba, un viaggio sognato fin da bambini e, anche per il momento storico attuale, non più rinviabile.

Fidel Castro è morto un anno fa, ma anche se ha vietato espressamente il culto della sua personalità (come successo invece con Che Guevara) la politica che ha portato avanti per decenni, e che oggi è mediata dal fratello Raul, non ha ancora mutato molto la conformazione della società cubana. Tranne che nel turismo, un settore economico che a Cuba è persino più cruciale che in Italia. Ma anche un comparto in cui emergono tutte le difficoltà di questa fase della repubblica socialista.

Al rientro in Italia, perciò, tra la nostalgia della soleggiata e splendida isola, la gioia per un sogno finalmente realizzato e la scorta di bellezza accumulata in un Paese straordinario, restano alcune riflessioni, alcuni dubbi su che cosa sia il turismo internazionale a Cuba.

Hotel statali, b&b privati e quello che comporta

Prima di programmare il viaggio, la nostra ignoranza su come funzionano certe cose a Cuba era tanto vasta quanto inconsapevole. Non sapevamo, innanzitutto, che moltissimi hotel e ristoranti cubani sono di proprietà dello Stato, che paga gli stipendi di chi ci lavora allo stesso modo con cui paga insegnanti, medici, giudici, avvocati e quasi ogni altro mestiere. Per intenderci, il salario mensile di una professione con un lavoro “normale” oscilla intorno ai quindici euro al mese, mentre un medico non va oltre i 30-40 euro al mese: cibo e casa sono davvero alla portata di tutti, sia chiaro, nonostante le difficoltà dell’embargo e conseguenze varie. Le catene di hotel stranieri sono presenti a Cuba, ma anche per i dipendenti di quelle strutture i salari sono analoghi agli altri.

Altra cosa che colpevolmente non sapevamo: a Cuba circolano due monete, una per i residenti (il CUP o peso cubano) e una per i turisti (il CUC o peso convertibile), che vale circa 25 volte la moneta locale. Ciò fa sì che alcuni posti siano preclusi ai turisti e che i prezzi nei luoghi per turisti siano notevolmente superiori alla portata del salariato cubano. In pratica, è impensabile riuscire a fare una vacanza a Cuba senza spendere cifre del tutto simili a quelle che si spenderebbero in Italia o in Europa.

Una cosa che invece sapevamo a grandi linee e che abbiamo pienamente compreso solo lì riguarda la presenza delle celeberrime “casas particulares” e dei per ora meno noti “paladares”. Perché se è vero che gran parte dei ristoranti e alberghi sono dello Stato, le prime liberalizzazioni al settore turistico hanno consentito ai cubani di usare parte delle proprie abitazioni come bed&breakfast (le casas particulares) o come “trattorie” (i paladares); anche i saloni di parrucchiera sono stati liberalizzati, ma non abbiamo avuto modo di sperimentarli in prima persona. In questi luoghi privati, i turisti stranieri possono provare l’esperienza di vivere in vere case cubane, mentre i proprietari hanno l’opportunità di guadagnare denaro che non proviene dalle casse statali (ma su cui pagano delle tasse più o meno fisse). Logicamente, per quanto queste strutture private siano generalmente più economiche di quelle pubbliche, i guadagni che vi si possono ottenere sono molto (ma molto) più elevati rispetto agli stipendi dello Stato.
Qualcosa di simile, anche se in maniera molto meno chiara agli occhi di un turista, avviene quando si ha a che fare con tutte le forme di taxi e trasporto locale (carrozze a cavallo, bici-taxi, moto-taxi, auto d’epoca…), ambito in cui i prezzi sono spesso persino superiori a quelli di una località italiana, e in cui personalmente non ci è capitato di ricevere scontrini, fatture o simili.

Le conseguenze negative di questi squilibri

Anche se possono sembrare constatazioni irrilevanti, da questi pochi elementi si può già dedurre qualcosa sui possibili problemi del turismo a Cuba, o meglio su conseguenze potenzialmente lontane dai principi dello Stato socialista cubano. In sostanza, e per fare qualche esempio, abbiamo conosciuto professori che hanno lasciato la cattedra per portare i turisti in giro per La Habana in carrozza, e medici che guadagnano sensibilmente meno rispetto a chi ha una stanza o qualche tavolo a disposizione dei visitatori stranieri.

Da un lato, quindi, si pone la questione ideologica: “come può uno Stato socialista permettere che le professioni più importanti per la società siano molto meno retribuite di quelle dedicate ai turisti?”. Ma dall’altro, la questione pratica: come si può evitare che professionisti con elevate competenze lascino il proprio lavoro nel pubblico per cercare guadagni privati in ambito turistico?
Una questione che può tranquillamente essere ignorata dai turisti, ma su cui il governo di Cuba dovrà per forza di cose intervenire presto in qualche modo, per non trovarsi senza forza lavoro in settori di eccellenza della società cubana, come l’istruzione e la sanità.

Il disagio maggiore per chi va a Cuba

Ciò che invece non può essere trascurato e neanche ignorato dai turisti è diciamo un “corollario” di questa situazione potenzialmente pericolosa per gli equilibri locali, che qui più che altrove vengono turbati dal turismo internazionale. Il punto è infatti che è vero che negli hotel e ristoranti tutti i lavoratori hanno uno stipendio “sicuro”. Ma è “ovvio” che chi lavora in quei luoghi ed è a contatto con gli stranieri percepisca l’enorme squilibrio tra le proprie entrate e i soldi spesi dai turisti, ed è assolutamente comprensibile che qualcuno cerchi in qualche modo di trarne vantaggio economico. Ragion per cui le mance possono fare la differenza tra la normalità e la ricchezza, e non solo le mance: anche i prezzi maggiorati senza scontrino, o la vendita sul mercato nero di prodotti vari sono un modo per avere una disponibilità economica di molto superiore alla media.

Ecco, è proprio quest’ultima fattispecie il maggior pericolo per il turismo a Cuba. Più dell’incentivo a lasciare posti da insegnante o dottore in cerca di guadagni migliori, più dell’insistenza dei tassisti nel volerti accompagnare ovunque, il rischio peggiore è di allontanare i turisti che hanno scelto Cuba come l’abbiamo scelta mia moglie e io, per vedere da vicino i luoghi che ci hanno fatto sognare giovanili rivoluzioni e per dare il nostro piccolo contributo allo sviluppo economico di quel territorio. Sì, perché se al liceo indossavi la maglietta di Ernesto “Che” Guevara alle manifestazioni studentesche, quando ti rendi conto che la commessa di un negozio ti aumenta il prezzo di una bottiglia d’acqua per intascarsi la differenza, è difficile mantenere vive le motivazioni “ideologiche”, o comunque personali, che hanno spinto al viaggio. E questo è davvero un lusso che un posto unico al mondo come Cuba non può assolutamente permettersi, perché rischia di dilapidare un “capitale” enorme, fatto di natura incantevole, di città e villaggi dal fascino indescrivibile, di cibo capace di soddisfare persino i palati italiani e di un popolo che, al netto delle difficoltà, conquista il cuore per dignità, allegria e bellezza.

claudio pizzigallo

Claudio Pizzigallo

Twitter @pizzi_chi

 

 

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