Indossa il velo, hotel di Cattolica nega stage a una studentessa diciassettenne di fede islamica. E il provvedimento arriva in nome, o forse sarebbe meglio dire nonostante, dell'ospitalità
Sta suscitando giustamente indignazione la vicenda che arriva da Cattolica, e in effetti c'entra proprio la religione: Omaima, diciassettenne di religione islamica e studentessa al quarto anno dell'Isiss di Morciano (provincia di Rimini), non ha potuto svolgere il previsto stage in un hotel di Cattolica a causa del velo che indossa.
Una notizia che sembra provenire da cronache di tempi antichi, ma che invece è stata denunciata dal blog di Brahim Maraad, venticinquenne italo marocchino. "Frequento la quarta superiore di un corso turistico dell'Istituto Isiss di Morciano – racconta Omaima sulle pagine di maarad.net –. Il programma scolastico prevede uno stage di tre settimane".
Omaima ha quindi chiesto di essere collocata in un hotel. "All'inizio la mia professoressa mi ha assegnato un posto in un hotel di Cattolica" riporta ancora il blog, "prima mi hanno accettata ma quando hanno saputo che porto il velo mi hanno escluso dicendo che gli stagisti si devono comportare e vestire in un certo modo".
La notizia, come si diceva, ha suscitato un'ondata di indignazione, venendo ripresa anche dai giornali e dalle agenzie di stampa nazionali, e facendo scattare la critica del presidente regionale di Federalberghi, Sandro Giorgetti: "È un errore impedire a questa ragazza di svolgere lo stage, i colleghi hanno sbagliato". "Intervistato dai media locali" riporta Repubblica, "il direttore dell'albergo ha provato a giustificarsi così: la ragazza non poteva indossare il velo 'così come non accettiamo piercing, orecchini particolarmente vistosi, capigliature stravaganti. Il nostro regolamento è chiaro, la religione non c'entra nulla. Il nostro compito è fare accoglienza. Un cappuccino servito con un sorriso è più buono, con un velo il sorriso non si vede'.".
Un rifiuto, dunque, proprio in nome dell'accoglienza e dell'ospitalità. Con motivazioni vagamente pretestuose: come si può paragonare un piercing al chador? Al di là del fatto che il primo può causare problemi di ordine igienico (e infatti alcuni piercing non sono accettati neanche nelle cucine) e il secondo evidentemente no, come si può fare una similitudine tra un vezzo della moda e – per usare le parole di Omaima – un "segno irrinunciabile della mia fede e identità culturale"?
Probabilmente, la vera ragione dell'esclusione ha a che fare con la diffidenza verso ciò che viene sentito come diverso, altro da sé. Ma, viene da chiedersi, il compito primario di un hotel non sarebbe quello di far sentire un po' a casa persone da ogni parte del mondo?
Claudio Pizzigallo - Marketingdelterritorio.info
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Fonte foto: groengent.be