Attirare i Paesi emergenti sta diventando essenziale in ogni comparto dell’economia nostrana, fortemente colpita dalla crisi. E non fa, né potrebbe farla, eccezione la nautica, settore proverbialmente forte in una nazione di santi, poeti e, appunto, navigatori.
A La Spezia, l’associazione locale di Confindustria ha recentemente avviato un ciclo di incontri, promosso dalla Provincia e inserito nell'ambito del progetto transfrontaliero Marittimo, per approfondire il tema delle relazioni commerciali internazionali, le opportunità offerte alle imprese e la regolamentazione degli scambi e i sistemi di produzione. Al centro una questione: come attrarre i Paesi emergenti del Sud America e dell'Asia, i vari Bric e Civets le cui economie hanno tassi di crescita da anni dimenticati negli Stati del Vecchio Continente?
Durante l’incontro “La Spezia per la nautica: navigando verso nuovi mercati”, sono stati quindi approfonditi questi temi di relazioni commerciali internazionali, alla presenza di operatori del comparto e di numerosi studenti del Polo universitario “Marconi” e con l’introduzione di Ettore Antonelli, membro di Confindustria ed ex assessore al marketing territoriale della Provincia.
“Nel nostro golfo abbiamo una concentrazione di cantieri di livello internazionale e un polo universitario che si sta affermando come eccellenza a livello mondiale” ha dichiarato Antonelli. “Di fatto ci proponiamo come i primi sotto molti aspetti nel panorama internazionale. Sino al 2009 abbiamo assistito alla fioritura delle imprese legate alla nautica. Poi la crisi, che ha agito come un setaccio, facendo passare i piccoli e trattenendo i grossi. Ma non è detto che chi abbiamo perso avesse lavorato male, anzi sono stati cancellate realtà molto importanti, tanto che si stima che ci vorranno vent'anni per ricostruire quello che è andato perduto”.
Come superare, quindi, questa crisi che ha colpito anche un’eccellenza italiana? Secondo Antonelli, “bisogna individuare una direzione tutti insieme, fare sistema, agire di squadra. Dobbiamo giocare d'anticipo con mercati emergenti per mantenere il nostro posizionamento a livello mondiale ponendoci in vantaggio rispetto agli altri nel saper sfruttare le nuove opportunità. E gli altri non sono Massa e Viareggio, ma l'Inghilterra e gli Stati Uniti. Siamo quelli che hanno la più vasta offerta in termini di dimensioni, spaziando dalle piccole alle grandi. Quando sono andato a Shanghai sono rimasti stupiti della varietà di proposta dei nostri cantieri, fatto che ci dà un tono e ci garantisce ancora una presenza nelle posizioni che contano. Purtroppo, però, l'imprenditore italiano è guardingo con gli altri, secondo una logica ferma agli anni '60, quando accadeva in maniera lineare che fosse il grande a trascinare il piccolo. Oggi, quelle piccole e medie imprese devono guadare oltre, per capire con chi e con quali strumenti internazionalizzare”.
Per farlo, è però indispensabile superare certi particolarismi e provincialismi: “In Cina alcuni si sono presentati con biglietti da visita in italiano, nemmeno in inglese. Mancava la base, nessuno li aveva instradati”.
Dopo l’introduzione di Antonelli, i relatori hanno quindi tracciato il quadro della situazione attuale, mettendo in luce gli elementi positivi che iniziano a intravvedersi.
Una realtà secolare come Rina (che si occupa di classificazione navale e di servizi per l’industria), per esempio, nonostante la posizione di leader a livello internazionale e la gestione degli ultimi tempi che ha portato al raddoppio del fatturato nel giro di cinque anni, non è affatto intenzionata ad accontentarsi, come ha spiegato l'ingegner Fiorenzo Spadoni, citando il progetto Tasneef grazie al quale Rina si sta garantendo la presenza nel mercato emergente degli Emirati Arabi.
Spadoni ha poi evidenziato un altro dato molto lusinghiero, quello per il quale l'Italia è ancora oggi leader del sempre più florido mercato degli yacht oltre i 30 metri, con il 42% del portafoglio ordini. La nautica italiana, del resto, può vantare il quarto posto mondiale come numeri di produzione (26.318) e il secondo per il valore. Numeri su cui fondare una profonda ripartenza di tutto il settore nautico italiano.