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Sono luoghi in grado di coniugare ambiente e innovazione, occupazione e tutela del territorio, rispetto della natura ma anche delle leggi economiche: sono i Parchi nazionali italiani, aree protette dove sono attive 756.000 imprese produttive, una realtà in costante crescita che negli ultimi dieci anni ha attivato oltre 82.000 posti di lavoro.

 

A rivelare la produttività dei Parchi nazionali italiani sono i dati del Ministero dell'Ambiente presentati nella conferenza nazionale "La Natura dell'Italia. Biodiversità e aree protette: la Green economy per il rilancio del Paese" svoltasi a Roma l'11 e 12 dicembre presso l'Aula Magna dell'Università La Sapienza e organizzata con il contributo di Federparchi-Europarc Italia, Unioncamere e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
L'indagine ha mostrato che i parchi nazionali hanno dati economici doppi rispetto alle aree geografiche simili: nelle imprese attive, trainate dall'agricoltura e dal turismo, lavorano ad esempio più giovani e donne (il 10% in più); nel solo settore agricolo, il 38% delle imprese che risiedono nelle aree protette (vale a dire circa 5.000) ha ridotto l'impiego di energia e di acqua per unità di prodotto negli ultimi 3 anni; 1100 imprese (8%) hanno utilizzato energia da fonti rinnovabili negli ultimi tre anni e 1800 imprese (14%) investiranno in tecnologie ambientali nei prossimi tre.
Le aree ecologiche protette presenti sul territorio italiano ospitano nel complesso il 17% degli insediamenti produttivi nazionali, in cui sono stati attivati più di 82.000 posti di lavoro "green" direttamente collegati all'attività dei parchi; in totale, le imprese attive nelle aree protette nazionali e regionali sono oltre 756.000 (dato Unioncamere).
Guardando al complesso dell'economia italiana, si rileva che i parchi nazionali hanno complessivamente numeri più bassi rispetto alla media nazionale, che include nelle statistiche centri urbani e industriali. La ricchezza complessiva prodotta nel 2011 ammonta infatti, secondo i dati del Ministero dell'Ambiente, a 34,6 miliardi di euro, vale a dire il 3,2% di quella nazionale su una porzione di territorio che copre il 5% del totale: un valore comunque superiore a quello di aree socio-economiche simili che, a parità di popolazione, si attesta al 2,6%.
A dispetto dello scarso incremento demografico, a fine 2011 si è registrato nei soli parchi nazionali il 4,6% degli insediamenti produttivi del Paese. Nel lungo periodo si segnala una forte crescita concentrata nell'ultimo decennio, cioè da quando le aree protette nazionali hanno iniziato a operare con continuità: tra il 2000 e il 2011 si registra infatti un aumento del 12,7% degli insediamenti produttivi, a fronte dell'1,9% della media italiana e del 6,7% di aree socioeconomiche simili: appunto, una velocità di crescita quasi doppia.
Analizzando poi solo i numeri strettamente attribuibili alle attività legate alla tutela della natura, i dati del 2011-2012 raccolti ed elaborati da Federparchi indicano che nei parchi nazionali e regionali ci sono 82.000 posti di lavoro direttamente generati dalle attività ispirate e promosse dalla presenza di un'area protetta. Anche in assenza di una valutazione dei veri e propri "green jobs", resta la certezza che la maggior parte delle nuove imprese ha una fortissima caratterizzazione "verde", e la maggioranza nasce attorno all'agricoltura, alla produzione alimentare e al turismo.
I parchi, inoltre, rappresentano una voce in attivo per le casse dello Stato: secondo una stima di Unioncamere, infatti, ipotizzando un'influenza diretta delle politiche dei parchi nazionali anche solo sul 10% della ricchezza prodotta al loro interno, si arriva a una valutazione di 3,5 miliardi di euro l'anno di creazione di valore in diretta dipendenza dell'esistenza dell'area protetta stessa. Per tradurre in entrate statali questa somma, si calcola che in tasse (Irpef, IVA, ecc.) valga circa 1,7 miliardi di euro di introiti, 25 volte di più di quello che lo Stato spende per i 24 parchi nazionali italiani.
La crescente importanza della green economy per l'Italia, oltre ad avere dalla sua numeri più che incoraggianti, sta trovando sempre più riscontro anche da parte delle istituzioni. Alla conferenza nazionale sulla biodiversità è giunto infatti un messaggio del presidente della Repubblica Napolitano, che ha affermato come l'ambiente può offrire "nuove prospettive di crescita" ed essere una "sfida urgente" per un Paese "fragile e prezioso" come il nostro.
Paesaggio, territorio e cultura alimentare sono una risorsa fondamentale per l'Italia, ha spiegato il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, che ha chiesto "un nuovo patto sociale per la sostenibilità ambientale". Orlando ha quindi indicato "un'Agenda per scelte condivise con gli altri ministri coinvolti" (dell'Economia Fabrizio Saccomanni, del Lavoro Enrico Giovannini e della Sanità Beatrice Lorenzin) nel segno di una "parola d'ordine: passare dall'emergenza alla prevenzione".
Una parola d'ordine non da poco, un impegno imponente per il territorio italiano frequentemente colpito dalle emergenze e dai disastri ambientali. Ma l'economia verde ha già iniziato a tracciare il sentiero, con risultati incoraggianti.

 

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